Quella del nuovo presidente USA è stata una vittoria schiacciante.
Il consenso a Trump negli Stati Uniti è stato tale da far cambiare bandiera a molti stati tradizionalmente Democratici e ha riguardato tutte le classi sociali, indipendentemente dalla religione, dalla etnia, dalla condizione sociale.
La campagna elettorale è stata fatta a colpi di slogan, come è sempre stato e come tali siamo abituati a intenderli, in particolare noi italiani.
Parole altisonanti, propositi propagandistici, certamente lontani dalla realtà, funzionali a raccogliere il consenso.
Trump è una persona al di fuori degli schemi cui siamo abituati e si è circondato di un gruppo di fedelissimi che si distinguono per aver già, in passato, messo concretamente in pratica tutto ciò che in campagna elettorale ci era sembrata mera propaganda.
La probabilità che quanto conclamato diventi realtà è quindi elevatissima.
Volendo restare nel contesto economico e finanziario che ci è proprio, una prima riflessione riguarda certamente l’affermazione, reiterata più volte, di come gli Stati Uniti si dichiarino creditori nei confronti dell’Europa a fronte del presunto maggiore impegno da essi profuso, sia in relazione ai contributi erogati alla Nato, che al finanziamento della guerra in Ucraina.
Si tratta di una affermazione solo in parte vera.
Lo è per quanto riguarda il mancato rispetto da parte di molti stati europei, tra i quali l’Italia, di destinare il 2% del proprio PIL al finanziamento della Nato.
Non lo è invece affatto con riferimento alla guerra russo/ucraina se solo si considera il ritorno economico di cui gli Stati Uniti hanno goduto e godono grazie all’impennata delle proprie esportazioni energetiche nei confronti di un’Europa a secco del gas e del petrolio russo, le cui forniture si sono interrotte come ritorsione alle sanzioni europee che, d’altro canto, non hanno neppure minimamente scalfito l’economia russa, che si è attivata per aggirarle sistemicamente (il suo PIL è in aumento e le esportazioni di gas e petrolio sono superiori a quelle ante guerra malgrado la mancanza del “cliente UE”).
Vanno inoltre considerati gli effetti della crescita economica interna, testimoniata dall’aumento del fatturato delle industrie nazionali.
La loro competitività a livello mondiale è cresciuta enormemente grazie
A farne le spese sono state soprattutto le imprese europee che hanno perso enormi quote di mercato a vantaggio degli Stati Uniti.
Trump ha la consapevolezza della complessità delle dinamiche economico-finanziarie nei rapporti tra gli Stati Uniti e l’Europa, o le declaratorie “MAGA” (Make America Great Again) anziché restare propaganda si tradurranno, invece, in atti concreti?
Una pretesa come quella di Trump, se accolta, si tradurrebbe in una somma immensa di denaro dovuto che metterebbe in difficoltà l’Europa intera, nella quale i singoli Stati saranno comunque in tensione finanziaria a fronte del debito singolarmente accumulato per gli omessi o insufficienti finanziamenti bellici in favore della Nato.
L’Europa, e in primis l’Italia, rischiano moltissimo e le reiterazioni delle affermazioni più bellicose e l’odore di “dazi” che inquina l’aria, fanno pensare.
Il tema dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca e le iniziative da lui annunciate non potranno non influenzare i rapporti economici tra Stati Uniti e Europa e, alla fine, farsi sentire nelle nostre tasche.
Queste sono alcune delle riflessioni che troverete nella video intervista.
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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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