Il redditometro è ai nastri di partenza…
Pronti?
Via!!!... anzi STOP!!
Un pasticcio, quello che ha combinato il Governo con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto - a firma del viceministro dell’economia Maurzio Leo - che riporta in vita il Redditometro.
Un cataclisma per la maggioranza che, a tre settimane dalle elezioni Europee, ha reintrodotto un provvedimento così incisivo e in grado generare nell'elettorato emorragie di voti incontrollabili.
Così, dopo una giornata concitata, la Premier ha deciso per uno stop temporaneo dello strumento, rimandando almeno a dopo l’appuntamento elettorale, l’accensione del «radar» del Fisco sui beni e le spese (nascosti) degli italiani.
Non è chiaro cosa voglia dire “stop temporaneo del provvedimento”, dal momento che il Redditometro è ora legge dello Stato e ci vorrebbe un altro provvedimento gerarchicamente di pari livello per poterlo stoppare.
La tensione è andata alle stelle con i goffi tentativi del Governo di depotenziare la forza esplodente di una vera e propria bomba gettata tra un’elezione e l’altra.
Ecco, allora, il viceministro Maurizio Leo, smentito dalla Premier come più non si poteva, assumere volontariamente il ruolo di agnello sacrificale, diventare divoratore della propria dignità intellettuale e professionale impegnandosi in una arrampicata sugli specchi impossibile.
Tutto per sostenere che il Redditometro, nella versione varata, non è certo pensato per investigare nei comportamenti (nella vita, dice la propaganda di governo) dei contribuenti ma, al contrario, per introdurre, finalmente, dei paletti precisi all’ingerenza del fisco, posti a garanzia del contribuente.
Di quali contribuenti si parli, poi..
Di quelli che non hanno nulla da nascondere e che sostengono spese commisurate al proprio reddito dichiarato si direbbe proprio di no.
Pur di tranquillizzare l’elettorato, il governo ha anche fatto un’affermazione tanto ingiustificata quanto assurda, dicendo che il Redditometro sarà applicato unicamente “ai grandi evasori”, tralasciando i piccoli.
A parte che la norma non prevede nulla di tutto questo, è lecito domandarsi come sia possibile individuare i piccoli come i grandi evasori se non al termine di un identico percorso di indagine.
Sarebbe come dire che l’accertamento andrà comunque fatto su tutti, salvo poi lasciare impunito chi evade sotto una certa soglia per accanirsi sugli altri.
Un'assurdità bella e buona.
Quella alla quale stiamo assistendo, perché la questione non è affatto chiusa, è solo l’ultima puntata di una telenovela infinita.
Si tratta infatti della storia tormentata del Redditometro che nel 1973 si affacciò con poca fortuna nel panorama fiscale italiano.
Il potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria di attuare l’accertamento sintetico, ovvero la possibilità del Fisco di contestare al contribuente incongruenze fra acquisti, tenore di vita e reddito dichiarato, è infatti previsto dall’ordinamento tributario proprio da allora, se non da prima.
Da quel lontano 1973 il Redditometro ne ha passate di cotte e di crude per essere, nel luglio 2018 (governo Conte I°), sospeso, con apposito Decreto, bloccando gli accertamenti riferiti al periodo d’imposta 2016 ormai avviati.
Fu in quell’occasione che venne stabilito che il Redditometro, così come era stato pensato, non andava bene.
Doveva essere rielaborato per essere fondato su una metodologia statistica, elaborata con l’ausilio dell’Istat e validata dalle associazioni dei consumatori.
Non a caso, da allora, l’amministrazione fiscale ha attivato banche dati di ogni tipo per registrare ogni possibile fatto indicatore del tenore di vita degli Italiani.
In questa direzione vanno anche la fatturazione elettronica, la limitazione nell’uso del contante, gli obblighi di segnalazione in tema di antiriciclaggio, etc.
L’”Anagrafe Tributaria” si è caricata di milioni di informazioni diventando, a tutti gli effetti, proprio quel “Grande Fratello” che le forze di governo, a parole, dichiarano di non volere, ma che, dal 1973, tutti governi si sono impegnati a rafforzare.
Che il Governo del Redditometro, non ne possa fare a meno è dimostrato non solo dalla oggettiva necessità di fronteggiare l’enorme evasione fiscale per recuperare gettito a fronte di un debito statale che in Europa non ha eguali, ma anche proprio da una dichiarazione dello stesso viceministro Maurizio Leo.
In piena bagarre dopo la pubblicazione del Decreto sul Concordato Preventivo Biennale egli ebbe a dire, generando un putiferio anche in quell’occasione, che l’Agenzia delle Entrate avrebbe analizzato i profili social degli evasori perché, come il diavolo, questi fanno le pentole ma non i coperchi e li si trova sui social che si riprendono col telefonino in resort extralusso, oppure in ristoranti stellati, o alla guida di ipercar, pur avendo presentato denunce dei redditi da nullatenenti.
Un proposito sacrosanto che è proprio quello alla base del Redditometro che si propone di scovare gli evasori arroganti al punto di vantarsi di vivere nel lusso facendolo ben vedere a tutti.
Il Redditometro è nel programma delle forze di governo, la Legge è in vigore e tornerà alla carica dopo le elezioni Europee.
Il vecchio (o nuovo, dipende dal valore che si è disposti a riconoscere alle micro modifiche apportate al precedente) Redditometro guarda non solo al possesso di beni o investimenti in quanto tali, ma tenta di misurare la spesa complessiva ed effettiva del contribuente, ovviamente in relazione a quanto dichiarato.
Rispetto alla versione precedente, il Redditometro amplia il ventaglio degli elementi considerati.
La nuova determinazione del reddito parte sia dalle spese che si possono presuntivamente attribuire al contribuente in base a una campionatura di 11 tipologie di nuclei familiari, su 5 aree geografiche distinte, sia da quelle effettivamente sostenute come risultanti all’Anagrafe Tributaria, ma anche dall’ammontare del risparmio accantonato in ciascun anno.
In estrema sintesi, nel calcolo del nuovo Redditometro, rientrano l’acquisto a titolo oneroso di un bene immobile, l’acquisto e/o il possesso di autovetture, il possesso di seconde case, il consumo di energia elettrica per uso domestico, etc.
In pratica tutte le voci che fanno presumere una capacità di spesa che deve trovare la sua giustificazione nel reddito imponibile dichiarato.
Con il nuovo strumento si calcolano anche le spese sostenute dai familiari fiscalmente a carico, mentre non si considerano per la persona fisica le spese per i beni e servizi sostenuti per l'attività di impresa o per l'esercizio di arti e professioni (da dimostrare, però, con idonea documentazione).
Il Decreto prevede la "prova contraria", ovvero che i contribuenti abbiano facoltà di dimostrare il ricorrere di situazioni non note o erroneamente considerate dal Fisco.
Ad esempio, che il finanziamento delle spese sia stato effettuato da soggetti diversi dal contribuente o sia avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d'imposta, oppure con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, esclusi dalla formazione della base imponibile.
Pensare che un contraddittorio, da solo, basti a convincere il Fisco dell’inesattezza delle proprie presunzioni induttive è illusorio.
La normativa tributaria sostanziale, impone infatti al contribuente l’onere della prova contraria.
In pratica la legge pretende che sia il contribuente a fornire la dimostrazione che la contestazione rivoltagli dal Fisco è nulla.
In presenza di un accertamento induttivo, basato su presunzioni, quest’ultima può ben essere “diabolica” (l'utilizzo dell'aggettivo ha origini medievali) ovvero di estrema difficoltà, se non addirittura impossibile.
In presenza di prove “diaboliche” restano i comportamenti concludenti.
Assisteremo allora al riproporsi di comportamenti che, per un certo periodo, hanno caratterizzato il “modus operandi” dei contribuenti terrorizzati dall’accertamento induttivo dei propri redditi.
Per prima cosa, cercare di far ricadere sempre più spese tra quelle riferibili all’attività di impresa o professionale, sottraendole alla sfera privata.
A questo proposito un aiuto importante arriva dal Concordato Preventivo Biennale che fa pensare come, sul fronte dell’evasione, esista un filo rosso che lega norme diverse sempre nel segno di favorirla.
Lo spauracchio per le partite Iva è il subire una delle forme di accertamento più comunemente utilizzate dall’Amministrazione finanziaria, cioè l’accertamento induttivo o analitico-induttivo.
Quest’ultimo rappresenta una metodologia di accertamento che consente all’Amministrazione finanziaria di potersi avvalere di presunzioni aventi determinati requisiti, per individuare attività non dichiarate ovvero disconoscere passività dichiarate disattendendo, sia pure in parte, le risultanze delle scritture contabili.
In sostanza, i presupposti che consentirebbero all’Agenzia delle Entrate di ricorrere a tale metodologia di accertamento sono costituiti dall’esistenza di prove dirette, materiali o documentali, oppure di prove indirette di tipo presuntivo caratterizzate da gravità, precisione e concordanza.
Come ben si capisce, si tratta dello stesso Redditometro, applicato però a imprese e professionisti.
L’adesione al Concordato Preventivo Biennale pone al riparo da questo tipo di accertamento depotenziando, nei fatti, l’attività di accertamento stessa.
Consente di “caricare” di spese l’attività di impresa, scaricandole dall’ambito privato, in modo da occultare un tenore di vita più elevato, sicuri che le stesse non potranno essere utilizzate per determinare induttivamente un maggior reddito di impresa o professione.
Infine ci sono le spese finanziate da soggetti diversi dal contribuente accertato.
Bisognerà curare e mantenere i migliori rapporti possibili con genitori, nonni, figli, nipoti, nuore e generi…
Se solo questi disporranno di un reddito, i buoni rapporti con loro saranno, per gli evasori, indispensabili come l’aria che respirano.
Saranno i parenti a dichiarare di aver sostenuto in prima persona le spese imputate al contribuente accertato, riportando la sua posizione entro i limiti della normalità.
Un po’ come quando la nonna ottuagenaria, ancora patentata e dotata dei preziosi punti, dichiara di essere stata lei alla guida di quel bolide fotografato mentre era lanciato a 250 Km all’ora.
Niente di nuovo sotto il sole.
Tutto già visto e rivisto in questa Italia di furbetti.
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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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