Nuovo Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto con i tetti di debito contributivo e fiscale sopra i quali le imprese riceveranno specifiche segnalazioni di pre-allerta della loro condizione di crisi e insolvenza.
Come è noto il “Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza", detto anche “Nuovo Codice della Crisi d’Impresa”, è una disciplina importantissima, in buona misura già da tempo in vigore, che ha rivoluzionato l’intero palinsesto di norme che oggi disciplinano quello che siamo abituati a conoscere col termine “Fallimento”.
Lo stesso termine “Fallimento” è uscito dal vocabolario giuridico per essere sostituito con quello di “Liquidazione Giudiziale”.
Il Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza nasce nel 2019
È il 14 Febbraio 2019 la data di nascita del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, ma, in parte, è rimasto a dormire fino ad oggi. Potete leggere cosa ne ho scritto allora, nell’articolo pubblicato nel sito dello Studio Associato MSC: Il “Nuovo Codice della Crisi d’Impresa”
Io stesso l’ho ho fatto, leggendo oggi i miei commenti di allora sotto una luce un po’ diversa, anche perché la norma iniziale ha proseguito nel suo iter, migliorandosi.
Modificata la parte più farraginosa della norma
Un po’ “sottotraccia” si è modificata sotto molti aspetti.
In particolare è stata “congelata” la previsione più farraginosa dell’intera norma, ovvero la previsione del cosiddetto O.C.R.I. (Organo della Composizione della Crisi d’Impresa) che era una sorta di comitato, istituito presso le Camere di Commercio, che avrebbe dovuto essere destinatario di segnalazioni a esso inviate dall’Agenzia delle Entrate, dall’INPS, dall’Inail e, in generale, da tutti gli enti che avessero rilevato inadempimenti e anomalie nel comportamento delle imprese.
L’O.C.R.I. ne avrebbe fatto sintesi e si sarebbe mosso in prima persona, segnalando all’impresa l’emersione a suo carico di uno stato di crisi e l’avvio della procedura di “composizione negoziata”, che si sarebbe svolta in collaborazione tra l’O.C.R.I. stesso e l’imprenditore.
La norma non prevede più tale organismo ma, al suo posto, un “Compositore”, una figura professionale che piloterà la procedura di composizione della crisi, attivandosi su segnalazione dell’imprenditore.
Sarà quest’ ultimo che dovrà muoversi in prima persona in presenza delle segnalazioni che i diversi enti coinvolti invieranno direttamente all’impresa e non più all’ O.C.R.I., ora congelato.
La sua eventuale inerzia, impedirà all’imprenditore di avvalersi degli strumenti finalizzati al superamento della condizione di crisi, che solo la figura professionale di riferimento, il “Compositore”, ha il potere di utilizzare, destinandoli alla liquidazione giudiziale, ovvero al fallimento secondo la terminologia passata.
Dal 16 luglio 2022 il Nuovo Codice diventa operativo
Nella sua versione riveduta e corretta il Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza entra in vigore, in tutta la sua operatività, il 16 Luglio 2022.
Il congelamento dell’O.C.R.I., come altri interventi operati, rappresenta una modifica importante che attiene però all’aspetto procedurale, senza minimamente scalfire l’impianto fondamentale della nuova normativa e, con esso, la logica di fondo che si traduce in un cambio di paradigma storico, visto che la disciplina fallimentare è del lontanissimo 1942.
Prevenire è meglio che curare
L’elemento centrale, inalterato, è il passaggio da una legislazione, quella fallimentare, imperniata sul prendere atto della crisi dell’impresa solo a “cose fatte”, col solo intento di spartire tra i creditori quel poco che dell’impresa fallita fosse rimasto, a quella attuale, che prevede l’attivazione obbligatoria di procedure finalizzate a evitare all’impresa la propria decozione, intervenendo in via preventiva non appena compaiano all’orizzonte i segnali di una crisi in arrivo.
Il costo (in termini economici e di ricaduta sociale) è troppo alto in caso di fallimento, ed è quindi logico che lo Stato lo voglia evitare attivando metodologie preventive di controllo e intervento.
Il punto di partenza: l’art. 2086 del Codice Civile
Il punto di partenza è, come sappiamo, l’art. 2086 del Codice Civile, che esattamente recita: «…L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.».
Su questo articolo del Codice Civile si incardina l’intera disciplina con la quale tutti gli imprenditori si devono ora confrontare, dovendo essere in condizione di rilevare tempestivamente uno stato di crisi latente.
“Crisi” non è un concetto astratto
Quello di “crisi” non è un concetto astratto, ma assolutamente concreto, che trova la propria definizione puntuale nell’art. 2 del Codice della Crisi d’Impresa, definita come «…lo stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate.».
Il punto di partenza è quindi (art. 2086 del Codice Civile) il disporre di un’adeguata organizzazione, i cui pilastri siano la sua idoneità
a gestire perfettamente l’azienda in tutti gli aspetti operativi che si materializzano nei cicli attivi (di vendita) e passivi (di acquisto),
a consentire una puntuale, e continuamente aggiornata, programmazione economica e, di conseguenza, di previsione dei flussi finanziari attesi, perché la loro insufficienza è segnale certo di crisi (art. 2 Codice della Crisi d’Impresa),
a misurare tempestivamente gli scostamenti tra quanto previsto e quanto ottenuto per intervenire subito,
a misurare la marginalità e controllarne l’andamento, perché il suo calare compromette le aspettative di vita dell’impresa (continuità aziendale),
a mantenere una tenuta impeccabile, puntuale e ordinata, della contabilità sia sotto il profilo del rispetto delle norme civili e fiscali, sia della produzione di informazioni.
Non è più il tempo di…
Non è più il tempo di amministrazioni affidate a personale inadeguato per numero e competenze, di imprenditori e dirigenti privi delle nozioni di base per la lettura del proprio bilancio e per poter dialogare con i propri consulenti, di contabilità raffazzonate, deliberatamente alterate in chiave paratasse o per accedere inopinatamente al credito, di mancanza di informazioni sulle quali definire i programmi di sviluppo dell’impresa, di investimenti fatti in assenza della previsione del contributo che essi potranno dare, e quando, alla generazione dei ricavi.
Non è più il tempo degli imprenditori che credono che l’unico aspetto da curare in azienda sia quello commerciale, per i quali esiste solo il fatturato, nell’inconsapevolezza dei margini operativi, che considerano ogni attività di pianificazione e controllo una perdita di tempo, che giustificano la loro inadeguatezza con l’incertezza provocata dal Covid, dalla guerra, dall’inflazione, dai costi dell’energia, dai costi delle materie prime, dalla siccità…
Come programmare e controllare, se tutto è incerto?
Indubbiamente sono tantissime le variabili dalle quali, particolarmente in questo periodo, dipendono gli scenari futuri.
Malgrado ciò il programmare e il controllare restano operazioni irrinunciabili.
Anzi, più la situazione è incerta e più si deve fare ogni sforzo in questa direzione.
Bisogna che l’incertezza lasci il posto a una rappresentazione possibile della realtà attesa, in modo che il rischio, misurabile, prenda il posto dell’incertezza, appunto, che, in quanto tale, è espressione del buio più assoluto.
E se non si facesse niente?
Se, cioè, si vivesse nella beata ignoranza di una normativa così stringente o si decidesse deliberatamente di non rispettarla? L’imprenditore che lo facesse finirebbe in guai seri.
Solo se egli avesse fatto di tutto per organizzare la propria attività d’impresa in modo da averne contezza in ogni istante, potrebbe intercettare con anticipo i segnali della crisi in arrivo ed essere autorizzato ad attivare le particolari procedute che la legge prevede per sottrarre l’impresa alla crisi o minimizzare i danni in capo a soci e amministratori in ipotesi di liquidazione.
Comportandosi diversamente nulla di tutto ciò si potrebbe applicare, e anche lo stesso amministratore socio di una Srl, convinto di essere blindato dalla responsabilità limitata, vedrebbe i suoi beni personali aggrediti dai creditori sociali.
Quale dovrebbe essere il comportamento corretto dell’imprenditore?
Dovrebbe essere quello di chiamare subito il suo consulente per chiedergli come fare a organizzare la propria impresa, a sviluppare dei budget economici e finanziari, ad avviare un monitoraggio costante degli andamenti per sé, prima di tutto, e per evitare all’impresa uno stato di crisi.
Oltre alla “Crisi” anche l’“Insolvenza”
È sempre l’articolo 2 del “Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza" che affianca alla parola “crisi” la parola “insolvenza”. Non è, evidentemente, un accostamento casuale, perché “insolvenza” è un termine che, al pari di “crisi”, definisce una condizione di rischio, in particolare, «…lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti ripetuti o altri fatti esteriori che dimostrino l’incapacità dello stesso a soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni nei confronti dei creditori.».
Per non essere “insolvente”, l’imprenditore deve essere puntuale nel pagamento delle proprie obbligazioni nei confronti dei creditori che sono non solo quelli che forniscono beni, ma anche servizi, il denaro e pure il Fisco che fornisce il servizio principale, ovvero rappresentano il contesto economico-sociale e territoriale nel quale le aziende operano.
Non più ricevute bancarie insolute, pagamenti ritardati oltre i termini stabiliti, intasamento delle caselle email e PEC di solleciti di pagamento, segnalazioni nella Centrale Rischi o nella Crif di posizioni incagliate, a lento rientro, in contestazione, risolte per saldo e stralcio…
Se non si è in grado di essere puntuali nei pagamenti si è in crisi.
La crisi e l’insolvenza sono condizioni “patologiche”
Il “Nuovo Codice della Crisi d’Impresa” rappresenta la crisi e l’insolvenza come due facce di una stessa medaglia.
Si tratta però di una condizione patologica, non momentanea o saltuaria, di impossibilità dell’azienda di far fronte alle proprie obbligazioni con i flussi di cassa e, per questo, essere incapace di soddisfare i propri creditori regolarmente.
Accade di frequente che un’azienda debba ricorrere temporaneamente al credito per fronteggiare momentanee situazioni di crisi di liquidità, legate ad andamenti stagionali, a condizioni molto particolari riconosciute ai clienti sul fronte dei pagamenti, ovvero subite dai fornitori, investimenti in macchinari che richiedono tempo prima di essere immessi nel ciclo produttivo e generare ricavi, etc., ma se il ricorso al credito diventa compulsivo, se i nuovi finanziamenti ottenuti servono a coprire i debiti generati da finanziamenti precedenti, se la gestione corrente si rivela progressivamente sempre più in difficoltà a fornire flussi finanziari sufficienti, se gli insoluti e i ritardi nei pagamenti ai fornitori si moltiplicano, se manca un piano industriale, una previsione economica e finanziaria, un monitoraggio dell’andamento aziendale, allora la situazione diventa patologica e l’azienda “va in crisi”.
Dal 15 Luglio 2022 in arrivo le segnalazioni di pre-allerta dello stato di crisi
Gli indicatori della crisi sono precisi.
Indici e quozienti puntuali, posizioni debitorie oltre determinate soglie minime esattamente identificate, reiterazione nell’omissione e ritardi di pagamenti.
Fatti concreti e non sensazioni o scenari di incerta o approssimata previsione.
Prova ne sia che, recentissimamente, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto che prevede i tetti di debito contributivo e fiscale sopra i quali le imprese riceveranno specifiche segnalazioni di pre-allerta, nell’ambito delle nuove procedure previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
Al superamento di queste soglie di debito scatteranno quindi le segnalazioni da parte di INPS, INAIL e Agenzia delle Entrate per le aziende con debiti contributivi e fiscali.
L’imprenditore deve pertanto aspettarsi di ricevere, dal 15 Luglio in avanti, dagli Istituti di Previdenza e dal Fisco, specifiche segnalazioni se solo fossero presenti pendenze contributive e tributarie.
Si tratta di una comunicazione di “pre-crisi” che si caratterizzerà per l’invito a utilizzare il nuovo istituto di composizione negoziata della crisi emersa.
Le soglie di allerta varate dal Governo
Per quanto riguarda i debiti INPS e INAIL, l’allerta scatta con un ritardo di pagamento superiore ai 90 giorni, con soglie diverse a seconda della presenza o meno di dipendenti:
per imprese con lavoratori, la soglia è il l 30% dei contributi dovuti l’anno precedente, con un minimo di €. 15mila;
per le imprese senza dipendenti, la soglia è invece di €. 5mila.
Per quanto riguarda le somme dovute all’Agenzia delle Entrate:
per debiti IVA rileva una pendenza superiore a €. 5mila;
per le altre tasse, i tetti variano in base alle dimensioni e tipologia dell’impresa:
- imprese individuali: €. 100mila;
- società di persone: €. 200mila;
- altre società: €. 500mila.
La presenza del Collegio Sindacale o dell’Organo di Revisione Legale
Le segnalazioni arriveranno all’impresa e, per le società che abbiano nominato il Collegio Sindacale e/o l’Organo di Revisione Legale, anche a questi ultimi.
Per le società dotate di organo di controllo (che si moltiplicheranno con l’approvazione del bilancio 2022 stante l’entrata in vigore definitiva di una normativa ad hoc precedentemente varata, ma subito rinviata) la situazione richiede particolare attenzione.
Mentre, in assenza di questi organismi di vigilanza e controllo legale, l’imprenditore avrà, di fatto, la possibilità di gestire tempi e modalità di accesso alla procedura di conciliazione della crisi e finanche, a suo rischio e pericolo, di soprassedervi, la loro presenza ne imporrà l’avvio certo e immediato.
È infatti da escludere che il Collegio Sindacale o l’Organo di Revisione possano ignorare la comunicazione inviata loro: pretenderanno perciò l’avvio immediato della procedura.
Questo genererà l’emersione di ogni genere di criticità e, con esse, l’impossibilità per l’impresa di continuare in una gestione che non sia verticale sul proprio risanamento economico e finanziario.
Il 15 Luglio 2022 sarà una data storica?
Ciò che potrà accadere a decorrere dal 15 Luglio p.v. è però solo la manifestazione concreta di un processo che ben potrebbe portare ad acclarare “oltre ogni ragionevole dubbio” lo stato di crisi d’impresa.
Ma la crisi, normalmente, non si manifesta dall’oggi al domani.
Sono molti i segnali anticipatori di una condizione di dissesto che devono essere riconosciuti da amministratori, titolari e dirigenti impegnati a perseguire la buona gestione. L’art. 3 del “Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza”, al comma 4, individua come situazioni a rischio:
retribuzioni non pagate oltre il 50% da oltre 30 trenta giorni;
insoluti verso fornitori da 90 giorni, se di importo superiore ai debiti non scaduti;
esposizioni bancarie e finanziarie scadute da 60 giorni.
Un amministratore avveduto, un titolare preoccupato di voler ben gestire la propria azienda, mai avrebbe lasciato che una situazione di così evidente mal governo finisse per diventare una regola di gestione.
Sarebbe intervenuto con tutti gli strumenti a disposizione e avrebbe avviato tutte le azioni necessarie. In particolare, parlando dei debiti verso l’Erario, l’Inps e l’Inail, avrebbe incanalato il debito entro i piani di rateazione concordati con gli Enti, che la legge consente.
Si sarebbe poi preoccupato che i piani di rateazione non decadessero, ma risultassero perfettamente rispettati, perché l’azienda non è debitrice fino a quando rispetta le rateizzazioni concesse.
Cosa succede se arriva la comunicazione di pre-crisi
Qualora si ricevesse una segnalazione di allerta, bisognerà adottare immediatamente quelle misure che già da tempo, e senza l’affanno dettato dall’emergenza, si sarebbero dovute avviare, quali:
misure di controllo degli squilibri reddituali, patrimoniali o finanziari;
previsione degli indici di sostenibilità dei debiti per i sei mesi successivi;
tracciamento di prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o i sei mesi successivi;
definizione degli indici di sostenibilità degli oneri d’indebitamento con flussi di cassa;
garanzia dell’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi, evitando ritardi nei pagamenti reiterati e significativi.
È necessaria una nuova consapevolezza
Bisogna convincersi che:
il cambiamento avrà un impatto notevolissimo,
che l’aspetto amministrativo in azienda ha pari valore di quello commerciale,
che la ricerca del credito deve essere ragionevole e non compulsiva (cosa che le Banche hanno “fomentato” in regime di Temporary Framework Covid 19, incassando lauti guadagni a fronte di finanziamenti con rischio interamente a carico dello Stato), perché i debiti vanno rimborsati e non lo si può fare contraendone altri,
che l’azienda deve essere sana, vitale e produttiva e deve dare una rappresentazione dignitosa di se stessa,
che lo scopo dell’impresa è produrre utili a beneficio dell’imprenditore e del contesto sociale nel quale e con il quale opera,
che bisogna avere il coraggio, arrivati a un certo punto, di “mollare”, perché perseverare è, a volte, come si dice, “diabolico”,
che bisogna fare un esame onesto del proprio ruolo di imprenditore per convincersi di essere all’altezza di un compito che è ogni giorno più difficile, dal momento che si opera in una realtà che si evolve e diventa sempre più complessa.
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