Nuovi parametri default imprese più stringenti


Le nuove regole comunitarie in materia di default delle imprese

Più stringenti dal 1° gennaio 2021 le regole in materia di default delle imprese.
In una Europa dilaniata dalla pandemia COVID qualche cosa sembra cambiare.
In peggio o in meglio?
 

Nuovi parametri CE in materia di default: colpo di grazia all’economia agonizzante

Mi riferisco ai parametri più stringenti imposti dalla Comunità europea in materia di default e al maggior rischio di decozione per le imprese.
In una Europa dove il COVID sta impazzando, nella quale le imprese sono in ginocchio e l’economia sta agonizzando, al punto di indurre a varare il più importante programma di aiuti mai visto, azzerando, per necessità, ogni regola di bilancio nazionale ed europeo, le nuove regole UE in materia di classificazione dei debitori in default in vigore dal 1 Gennaio 2021 stabiliscono che:
  • basterà superare per 90 giorni due soglie – ridotte, rispetto all’attuale disciplina – e cioè avere un debito arretrato da oltre 90 giorni, il cui importo risulti, allo stesso tempo
  • per privati e piccole medie imprese, superiore ai 100 euro e superiore all’1% del totale delle esposizioni verso la Banca
  • per le imprese in generale, superiore ai 500 euro e superiore all’1% del totale delle esposizioni verso la Banca.
 
Neppure sarà più consentito compensare gli importi scaduti con altre linee di credito non utilizzate dallo stesso debitore.
La banca dovrà classificare l’impresa in default, anche qualora abbia linee di credito ancora disponibili con la stessa banca, che potrebbero essere utilizzate per la compensazione degli inadempimenti in essere ed evitare il default stesso.
L’impresa in default, anche con riferimento a un solo finanziamento, per una sorta di effetto domino, si vedrà passare in stato di default tutte le sue esposizioni nei confronti della banca.
 

Sei in difficoltà? Ti aiuto a morire

La disposizione è comunitaria, ma possiamo ben pensare cosa accadrà alle nostre imprese in Italia.
Sono le stesse banche, nelle pagine dei loro siti internet, a dichiarare infatti che questa nuova disciplina europea della classificazione dei debitori in default (stato di inadempienza), che si è proposta in una prima versione nel 2017 e che fin dall’origine ne prevedeva la revisione a partire dal 2021, comporterà l’applicazione di criteri più restrittivi, rispetto a quelli sino ad oggi adottati dagli intermediari, con relative ripercussioni anche sulle possibilità di accesso al credito.
 
Al superamento delle due soglie:
  • scatterà la segnalazione presso la Centrale Rischi della Banca d'Italia
  • l’imprenditore diventerà in automatico un cattivo pagatore e, per un certo tempo, non potrà ricorrere all'aiuto di alcun istituto di credito
  • per uscire dal default ci vorranno almeno tre mesi dal momento in cui non sussisteranno più le condizioni per classificare l’impresa in default, periodo di tempo durante il quale
  • la banca valuterà il comportamento e la situazione finanziaria dell’impresa
  • potendo o meno  riclassificare l’impresa in uno stato di non default laddove ritenga, o non ritenga, che il miglioramento della qualità creditizia di quest’ultima sia effettivo e permanente.
 

Addio ripresa

Risulta allora evidente come le nuove disposizioni peggioreranno lo stato di salute delle imprese italiane, già colpite dagli effetti negativi della pandemia da Covid-19, con un ulteriore aggravio sulla ripresa economica.
In un periodo in cui a causa della pandemia da Covid-19 l’economia è sotto fortissimo stress, con le tasche degli italiani e le casse delle imprese sempre più vuote, essere classificati quali clienti inadempienti dalle banche sembra effettivamente molto facile e questo varrà sia per le imprese che per i normali clienti.
 

Spes ultima dea

Ma come è possibile che la Comunità Europea non ponga un freno quanto meno rinviando l’entrata in vigore delle nuove disposizioni?
La speranza è l’ultima a morire e alla fine non sarà esattamente così, in quanto saranno le banche nazionali (Banca d’Italia nel nostro caso) a disciplinare e ammorbidire le modalità applicative della norma.
Quello che conta, però, è vedere ancora una volta come la burocrazia proceda per la sua strada, insensibile a cosa succede in Italia come in Europa o nel mondo.
È come se lavorasse in una stanza vuota, senza porte e finestre, sapendo che l’immutabilità del suo ruolo sta nell’immutabilità delle regole.
 
Di questo abbiamo dimostrazione ogni giorno, in particolare in relazione a tutte le forme di aiuto concesse alle imprese in emergenza, dalle decine di Dpcm che sono stati e vengono tuttora varati.
Le disposizioni di aiuto si scontrano sistematicamente con una burocrazia, statale e bancaria, che ne allunga a dismisura i tempi di erogazione.
 
Si potrebbe pensare che si tratti di una mossa fatta ad arte, in modo che buona parte degli aventi diritto si sfianchi nell’attesa o neppure inoltri la domanda di aiuto pur avendo titoli all’accesso.
 

Le tasse o le paghi o le paghi

Per non parlare dell’immensa mole di rinvii dei termini di pagamento di imposte e tasse.
Rinvii e non remissioni (le tasse si pagano anche se non hai da mangiare), come se lo spostamento a marzo 2021 di quanto un’impresa avrebbe dovuto pagare a Dicembre 2020, potesse far sì che l’impatto sulle sue casse fosse minore.
Come se in tre mesi l’impresa, e il sistema economico nel quale opera, potessero passare da una condizione prossima alla decozione, a una di benessere e rosee prospettive.

 
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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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