Clicca il link per la Video intervista con l'avvocato Antonio Prade
Esperto di Diritto d'Impresa
Secondo il Decreto Legislativo 231 del 2001 anche la società risponde per i reati commessi dagli amministratori dirigenti e dipendenti.
Si parla sempre di più dei reati commessi dalle aziende.
La cronaca ce ne racconta sempre di nuovi, dando risalto a quelli più impressionanti, che sono normalmente causati dal mancato rispetto delle norme sulla sicurezza nei posti di lavoro con le conseguenze tragiche che troppo spesso ne derivano.
Sono, però, non meno di 17 le tipologie di reato possibili in azienda.
Da quelle societarie e di abuso dei mercati a quelle informaticihe, da quelle nei rapporti con la pubblica amministrazione a quelle in materia ambientale, ai reati tributari, a quelle collegate alla sicurezza sul lavoro, a quelle di frode… solo per citarne alcune.
Spesso si ritiene che il disporre di un “Documento di Valutazione dei Rischi” possa di per sé rappresentare una tutela sufficiente.
Non è assolutamente così, costituendo esso, al massimo, una soglia minima di protezione, comunque obbligatoria per chi ha dipendenti.
Una protezione solo nominale, quindi, e in ogni caso limitata ai reati cui si riferisce, che sono pochissimi tra i possibili diciassette con i quali l’impresa si misura continuamente.
La legge 231 ha introdotto un cambiamento fondamentale, in buona misura tuttora sconosciuto alle PMI.
In precedenza la responsabilità penale riguardava solo le persone fisiche (amministratori e, in generale, figure apicali nell’organigramma aziendale o sottoposte alla loro direzione e vigilanza).
La legge 231 ha invece stabilito che, in sede penale, la responsabilità della società vada ad aggiungersi a quella della persona fisica.
Per la società questo vuol dire poter patire pene pecuniarie, interdittive (impossibilità di farsi pubblicità, partecipare a bandi, ottenere autorizzazioni e finanziamenti, essere oggetto di commissariamento), subendo la confisca e il danno di immagine connesso alla pubblicazione della sentenza.
In moltissimi casi la misura del danno penale patito in capo alla persona fisica (amministratore) è minore rispetto a quello sopportato dalla società, che può addirittura portare alla sua estinzione.
Le aziende possono però dotarsi di una difesa ”potente”, ovvero definire procedure operative tassative debitamente validate, aggiornate e il cui rispetto sia puntualmente monitorato.
Si tratta di “Modelli Organizzativi e di Controllo” idonei alla prevenzione del reato o al suo depotenziamento nel momento in cui esso, malgrado ogni tutela, si manifestasse comunque.
Il tema è di importanza estrema anche considerando la sempre maggiore tendenza delle imprese di ampie dimensioni a concedere appalti unicamente a fornitori dotati del “Modello 231”.
Un blocco nell’attività del fornitore, a causa di una infrazione penale non preventivamente intercettata dal Modello 231 perché assente, si tradurrebbe infatti, per l’impresa appaltante, in un danno che certamente non intenderebbe sopportare, rivolgendosi per questo, sin dall’inizio, ad aziende fornitrici adeguatamente tutelate sul piano penale.
parliamo di questo tema “caldo” con l’Avvocato Antonio Prade
attivo in prima persona nell'applicazione della Legge 231 e nell'elaborazione dei Modelli Organizzativi e Controllo.
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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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