Legge di Bilancio 2021: promesse non mantenute


Legge di Bilancio 2021: l’ennesimo contenitore di norme compiacenti

Quante promesse non mantenute! Nulla di nuovo sotto il sole.
A più di tre mesi dall’entrata in vigore della Manovra di Bilancio 2021 mancano oltre 140 dei 150 provvedimenti necessari per dare attuazione alle misure introdotte.
La Legge di Bilancio 2021 si dimostra il solito contenitore di “bufale” tipico di tutte le leggi finanziarie che l’hanno preceduta.
Non è una questione di governi, schieramenti politici, ritardi dovuti alla pandemia, quanto l’evidenza del fatto che le leggi finanziarie sono dei contenitori di norme varate per accontentare ogni centro di potere che possa fare pressione sui propri rappresentanti politici.
Da qui l’inserimento di disposizioni, la maggior parte delle quali fantasiose e irrealizzabili, la cui presenza dà però lustro ai politici - che le hanno inserite “a forza” durante la pantomima parlamentare - e ai rappresentanti dei tanti centri di potere che le hanno sollecitate.
Negli ambienti che contano tutti contenti, quindi, sia sotto il profilo del ritorno elettorale che dell’affermazione individuale.
 

Come funziona la fabbrica delle “bufale”?

Ma se una norma viene inserita in una legge come fa a non essere applicata?
Viene messo in atto un apposito meccanismo, ovvero una previsione pensata “ad hoc”, che gode addirittura di enunciazioni standardizzate atte a trovare una rispondenza letterale, differenziata a seconda di quanto grande sia la “bufala”.
La frase “l’attuazione del presente provvedimento è rimessa alla pubblicazione di apposito decreto da parte del ministro tal dei tali da effettuarsi entro “X” giorni dalla data di pubblicazione della presente legge di bilancio”, è riservata a provvedimenti improbabili, ma non impossibili.
La stessa frase, integrata dall’inciso ”sentito preventivamente il parere del’ ministero “Y” che dovrà esprimersi entro ”N” giorni”, viene adottata per i provvedimenti improbabili e quasi impossibili.
La “bufala” vera e propria si manifesta quando l’inciso di cui sopra si arricchisce di riferimenti a pareri preventivi, rimessi a commissioni - parlamentari o di altro genere - ancora da costituire, ovvero organismi di natura incerta, quando non addirittura estranei al Parlamento, ma accuratamente nascosti nel fittissimo sottobosco del nostro apparato burocratico.
 

10 decreti per 100 giorni: siamo a meno 140

Ecco come mai, ad oggi mancano oltre 140 su 150 dei provvedimenti necessari per dare attuazione alle misure introdotte con la legge di Bilancio 2021.
In pratica, dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Legge di Bilancio 2021 (Supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale„ n. 322 del 30 dicembre 2020 - Serie generale) sono passati oltre cento giorni ma di decreti ne sono stati emanati dieci su centocinquanta.
Nella maggior parte dei casi tali decreti avrebbero dovuto essere emanati tra i sessanta e i novanta giorni dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio (fine marzo, termine ormai abbondantemente scaduto).
A onor del vero non si tratta di scadenze rigide: i provvedimenti attuativi possono essere approvati in ritardo, ma fino a quando non arrivano bloccano l’iter di entrata in vigore delle misure a cui si riferiscono.
 

In Parlamento si lavora 24/7, salvo crisi

Il generale Figliuolo ha introdotto l’espressione “lavorare 24/7” per segnare forse un cambio di passo rispetto al famoso “H24” del ministro Toninelli, che descriveva il suo operato e quello dei ministri del primo governo Conte, con la pittoresca espressione “lavorare pancia a terra”.
D’altra parte, cosa possiamo pretendere da questi solerti operatori della politica, componenti di commissioni parlamentari, segretari e sottosegretari che lavorano ventiquattro ore su ventiquattro e sette giorni alla settimana, avendo come unico scopo il bene comune?
Cosa si può chiedere di più ai nostri politici che, “per il bene del paese”, hanno provocato una crisi di governo, bloccando per mesi ogni attività e gettando nella disperazione i solerti funzionari ministeriali “costretti” a subire uno stop forzato, che certo non appartiene al loro DNA di stakanovisti allo stato puro.
In ogni caso il “blocco” non è stato generato tanto dai tempi di risoluzione della crisi, (i segretari dei partiti hanno la coscienza pulitissima), ma da quello che non si è fatto prima e dopo.
Prima, per dare spazio a una ridicola manfrina politica iniziata a metà dicembre 2020, e dopo per la nomina di segretari e sottosegretari, segreterie e commissioni parlamentari.
 

Il “mercato delle vacche” della politica

La seconda, lunghissima, fase è stata ribattezzata “mercato delle vacche” perché si è assistito alla peggior rappresentazione di cosa sia la politica in Italia.
Di fronte a un governo in pratica imposto e blindato dalla pandemia, i politici hanno recuperato, nella fase successiva al varo dell’esecutivo, i propri spazi di manovra elettoralistica. Hanno mercanteggiato per settimane al punto da far esclamare “basta!” a un segretario di partito, poco prima di andarsene. Infine si sono prodigati per la promozione del Rinascimento negli Emirati Arabi, azione che certamente farà assurgere l’Italia all’empireo di coloro che si sono battuti per il bene dell’umanità.
 

Cosa comportano i 140 decreti mancanti all’appello?

Mancano 140 decreti su 150 e questo significa, per esempio, niente “bonus idrico” da mille euro (per il rinnovo di sanitari e rubinetterie domestiche), né “bonus TV”, che sono stati promessi al Paese in difficoltà come se rappresentassero una vera manna dal cielo, ma - a parte gli scherzi -, mancano tanti strumenti di sostegno imprenditoriale, come gli incentivi all’impresa femminile e l’esonero contributivo per gli autonomi colpiti dall’emergenza Covid, nonché i diversi fondi settoriali per le imprese.
 

Decreti necessari e assenti

Tra i decreti mancanti alcuni sono necessari per rendere operativa la manovra economica, comprese tante misure per le imprese, il lavoro e il fisco:
  • fondo PMI creative
  • misure per particolari settori (vino, apicoltura, turismo)
  • misure per la concessione di credito anti usura
  • misure per l’erogazione del microcredito
  • misure per il sostegno della parità salariale di genere
  • misure per le assicurazioni in favore dei ricercatori
  • misure per l’assunzione ricercatori
  • bonus banda larga.
 
Fra i ritardi più rilevanti in termini di impatto finanziario ed economico per categorie importanti vi sono:
  • anno bianco per gli autonomi
  • fondo per l’esonero contributivo riservato a lavoratori autonomi con reddito 2019 fino a 50 mila euro e perdita pari almeno al 30% nel 2020.
Il Fondo è stato anche rifinanziato dal Decreto Sostegni, ma mancano i decreti del Ministero del Lavoro per esercitare l’opzione.
 

L’esigua schiera: i decreti approvati

Si fa presto a elencare i principali:
  1. piano vaccini anti Covid, che è già stato aggiornato diverse volte
  2. bonus impatriati che proroga per cinque anni l’agevolazione fiscale per lavoratori che dopo un periodo all’estero trasferiscono la residenza fiscale in Italia, riservata a famiglie con figli
  3. fondi trasporto pubblico alle Regioni per i servizi aggiuntivi anti Covid
  4. fondo per il turismo di ritorno: ingresso gratuito nei musei degli italiani residenti all’estero
  5. interventi edilizi sui conservatori storici
  6. termine per la comunicazione da parte delle Regioni dei dati rilevanti per la - determinazione IRAP.
 

Imprese dimenticate nel Limbo, prossime all’Inferno

Se guardiamo ai decreti approvati si nota che nulla di rilevante è stato varato per le imprese.
A parte l’ovvia osservazione che si tratta del 7% del totale (ne manca quindi il 93%), non si può non notare come tra i provvedimenti non ve ne sia alcuno in favore delle imprese.
Queste ultime restano, per dirla come il Sommo Poeta, “tra color che son sospesi”.
Non a caso Dante, quando pronuncia la sua efficace metafora, si riferisce a Virgilio che si trova nel Limbo, che è esattamente il luogo dove le nostre imprese si trovano ora: tra Limbo e Inferno.
Tradite da un Presidente del Consiglio che neppure immaginava quanto potente potesse essere il sistema partitico italiano e quanto tenace nel difendere i propri interessi, al punto da permettergli solo l’emanazione del modestissimo “Decreto Sostegni”, una riproposizione, per struttura e contenuti, dei famosi decreti settimanali del Governo Conte.
Invischiate in un sistema di rinvii dei termini di pagamento di imposte e contributi, (non certo di abolizioni), ai quali si aggiungono le moratorie bancarie e la ripresa di un’attività accertativa da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza che, in base ai primi segnali che possiamo rilevare, si presenta estremamente aggressiva, al motto di “le imprese sono evasori fiscali per antonomasia, è un postulato non un teorema”.
 

La tempesta perfetta del sovraindebitamento

Lo scenario è quello della “tempesta perfetta”: da una parte una pandemia che non conosce remissione, dall’altra un piano vaccinale che è una chimera e non un progetto, in un sistema nel quale le imprese non riescono a generare avanzi di cassa, in assenza di una politica economica che le veda al centro di un’azione in cui sia chiaro il loro ruolo dinamico di acceleratore di una ripresa che ci farà stare tutti meglio, comprese quelle famiglie paurose del futuro, al punto da portare in banca anche i sussidi che ricevono (i risparmi bancari sono in aumento).
Sullo sfondo l’arrivo minaccioso di un altro fronte di tempesta, forse il più grave e per ora sottovalutato.
I rinvii nel pagamento delle imposte e contributi termineranno, le moratorie bancarie anche.
Si tratta di debiti che saranno in scadenza a breve.
La tempesta perfetta sarà la condizione di sovraindebitamento in cui le imprese si ritroveranno.
 

Il sovraindebitamento indotto e doloso: una condanna a morte per le imprese

Sappiamo bene che non possiamo permetterci di moltiplicare il debito di una terza persona (o azienda) nei nostri confronti, continuando a lavorare per lei, concedendole dilazioni di pagamento e quant’altro, pur essendo a conoscenza del fatto che non sarà mai in grado di pagarci, che le firme apposte sui riconoscimenti di debito e piani di rientro che le faremo sottoscrivere non varranno neppure l’inchiostro con le quali saranno apposte.
 
Lo Stato, con una politica scellerata grazie alla quale il debito si accumula e si ingigantisce in un periodo in cui le imprese non sono messe in grado di fare nulla per farvi fronte, sta condannando le imprese stesse a morte sicura.
 

Il virus del debito di stato

Quando i termini scadranno molte imprese riceveranno uno schiaffo mortale.
Non so se la questione sia chiara neppure a Draghi, da sempre abituato a lavorare con i soldi degli altri, diciamolo senza false ipocrisie.
Non so neppure se essa possa essere vista sotto un profilo doloso o colposo, perché la formazione di uno stato di sovraindebitamento in capo alle imprese è questione oggettiva, come anche il fatto che i Ristori siano andati ad alcuni, ma non ad altri, tra i quali, in particolare, proprio coloro che maggiormente subiranno l’impatto della “tempesta perfetta”.
 
È certo però che, una volta superata l’emergenza pandemica, la questione più importante sarà questa e sarà una battaglia nella battaglia.
Ancora morti, come per il Covid, solo che in questo caso saranno le imprese a morire e il virus sarà il debito statale, ingigantito oltre ogni misura dai ripetuti sforamenti di bilancio.

 

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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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