La solita messinscena annuale si è conclusa e, mentre i soliti ignoti hanno stravinto, l’Italia agonizza, stretta tra logiche assistenzialistiche finalizzate al consenso elettorale e tattiche di tamponamento dei reali problemi.
Nella Legge di Bilancio 2021 si intrecciano
misure emergenziali
interventi “quasi” strutturali
indicazioni di massima sull’utilizzo dei fondi europei.
Ci sono gli interventi attesi e dati per scontati da tempo ma, soprattutto, la manovra introduce una pioggia disorganica di bonus, dal kit digitalizzazione al bonus idrico, dal contributo dedicato alle cargo bike al bonus occhiali fino a un inedito tax credit cuochi.
Un contenitore di agevolazioni e crediti d’imposta
Ho visto tantissime leggi di bilancio, perché è da molti anni che faccio questo lavoro.
Le leggi di bilancio sono sempre state uguali.
Sempre stilate da governi tanto lontani dal concetto di bene comune, quanto appiccicati a quello di tornaconto personale.
Se volete, potete leggere l’articolo nel Blog “La Mossa Giusta” che ho scritto riguardo la Legge finanziaria 2020 Collegato fiscale 2020 e appalti: oneri senza onori per le imprese
e vedrete che ciò che ho detto un anno fa vale ancora, perché nulla cambia.
L’iter di approvazione della Legge di Bilancio: tutta una messinscena
La logica ispiratrice della Legge di Bilancio è sempre la stessa, ovvero il tornaconto dei governanti e di tutte le forze politiche, siano esse di governo o di opposizione.
Gli schieramenti politici, di governo e opposizione senza distinzione alcuna, cominciano a interessarsi alla Legge di Bilancio già quando essa comincia a prendere corpo, è ancora solo una bozza e pure scritta su un tovagliolino di carta.
È questa una fase di forte pressione, perché la bozza contenga da subito il più possibile dei desiderata dei diversi schieramenti parlamentari (tutti).
Essi vogliono infatti che, una volta in parlamento, e pertanto approvata dal governo, essa abbia già i contenuti irrinunciabili, quelli necessari ad assecondare le pressioni di tutte le masse dei votanti sugli schieramenti che li rappresentano in parlamento.
Non è quindi questione di maggioranza e opposizione, di destra e di sinistra, che altro non sono che semplificazioni giornalistiche per inquadrare rapidamente l’atteggiamento politico di un parlamentare.
È piuttosto una questione di “uomini”, ovvero di raggruppamenti di persone che, se sono in parlamento, è perché sono state votate da chi si aspetta precisi tornaconti dalle stesse.
Se i tornaconti non ci fossero, gli stessi votanti sosterrebbero soggetti diversi o schieramenti diversi, in generale chiunque sia in grado di sostenere interessi di parte.
In questo contesto il bene comune è solo un concetto vago che tuttavia garantisce dei “followers” e quindi è meglio tenerselo in tasca e tirarlo fuori quando si voglia dare una spinta agli interessi privati, i quali, solo se mascherati da “bene comune” acquisiscono un valore aggiunto tale da far dimenticare la loro vera natura.
Tra tiro a segno e giri di valzer affinché nulla cambi
Una volta giunta in parlamento, la Legge di Bilancio diventa vittima di un tiro a segno.
Tutti le sparano contro, ma con cariche “a salve”.
I nostri parlamentari sapevano benissimo che 7.000 emendamenti, quanti erano qualche settimana fa quelli presentati alla bozza, non solo dalle opposizioni, ma anche delle forze di governo, mai avrebbero potuto essere esaminati e approvati dal parlamento.
Una finzione, pertanto, studiata e concordata tra tutte le forze parlamentari, per acquisire credito presso le masse dei propri votanti, per far vedere di essere attivi e di parte.
Una specie di “giro di valzer” che si è chiuso, (e tutto era orchestrato in questo senso), con la “fiducia” posta dal governo e il ritorno al testo originario della bozza di Legge di Bilancio, quello inizialmente presentato in parlamento e sul quale tutte le forza parlamentari avevano già trovato un accordo preventivo per soddisfare i rispettivi interessi di parte.
Ecco servita in un piatto d’argento la Legge di Bilancio 2021
Come ogni anno, la Legge di Bilancio è diventata quello che è sempre stata anno dopo anno, un mero contenitore di agevolazioni e crediti d’imposta, che avranno l’unico effetto di accrescere lo spreco delle risorse pubbliche, a discapito di interventi mirati e strutturali.
In un’Italia che cambia, stravolta come non mai dalla pandemia Covid (che il mondo non aveva mai provato e le conseguenze della quale sono in continuo divenire), la Legge di Bilancio risponde alle logiche di sempre, come se il Covid fosse solamente una seccatura passeggera.
Nel capitolo “La società italiana al 2020” del 54° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, il CENSIS definisce il sistema Italia “una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti”. Nell’arco dell’anno, 8 Italiani su 10 hanno visto cambiare radicalmente almeno una delle sostanziali dimensioni della propria vita: salute, lavoro, tempo libero o relazioni.
Il lavoro è diventato una chimera per molti e la produttività, secondo il CENSIS, ha perso ulteriore slancio.
Daniele Virgillito - Dottore commercialista, Dottore di Ricerca in economia aziendale e Rappresentante di Confprofessioni Sicilia, in un suo articolo pubblicato sul “Quotidiano Ipsoa” del 30 Dicembre 2020, evidenzia che “a pagare il conto, fino ad ora, sono stati principalmente i giovani e le donne, con una perdita di oltre 450.000 posti di lavoro su un totale complessivo di oltre 600.000 perduti nell’ultimo trimestre. I lavoratori indipendenti o con contratto a tempo determinato senza più un impiego, hanno superato la soglia di 650.000. Per contrastare la congiuntura economica provocata dalla pandemia, i sussidi erogati dall’INPS hanno raggiunto una platea di oltre 14 milioni di beneficiari, con una spesa che ha superato 26 miliardi di euro. In buona sostanza, è come se a un quarto della popolazione italiana fossero stati mediamente erogati, ad personam, circa 2.000 euro”.
Dal canto suo, l’Ufficio parlamentare di bilancio, nel Rapporto sulla politica di bilancio 2021 non ha dubbi: “La manovra di bilancio, nel contesto di forte incertezza sul fronte dell’evoluzione della pandemia e del quadro macroeconomico, si presenta come un coacervo di misure indirizzate a diverse finalità condivisibili, ma senza un sottostante disegno di politica di bilancio ben delineata”.
Cosa c’è nel piatto d’argento?
Nella manovra, da circa 40 miliardi, si intrecciano misure emergenziali, interventi “quasi” strutturali e indicazioni di massima sull’utilizzo dei Fondi europei.
La manovra contiene interventi attesi, come, ad esempio, in favore del settore dell’automotive, la proroga del superbonus 110 per cento, l’estensione a 15 anni dei prestiti alle imprese garantiti dallo Stato, l’istituzione del fondo da un miliardo di Euro per l’esenzione dei contributi previdenziali agli autonomi danneggiati dal Covid.
Bonus come se piovesse
Ma la cosa drammatica è che contiene una pioggia disorganica di bonus.
Un diluvio di prebende a favore delle più disparate categorie.
Nel caos che la caratterizza, la Legge di Bilancio sperpera quasi 5 miliardi, con interventi che vanno dalle celebrazioni per i presepi, ai cargo bike, alle bande e al jazz.
Complessivamente, 100 micro-norme che non superano i 5 milioni, alcune addirittura non arrivano a 100.000 euro, come, ad esempio, l’istituzione di un master in medicina termale o 240.000 euro per sei borse di studio sulla criminalità organizzata.
Redditi, ricavi e fatturato: politici e giornalisti ancora non sanno la differenza
Oltre alle migliaia di bonus, è stato creato un Fondo, finanziato per un miliardo di Euro, per concedere ai lavoratori autonomi e professionisti di non versare contributi previdenziali per un anno, il cosiddetto “anno bianco contributivo”.
L’esonero sarà parziale e limitato a coloro che potranno dimostrare di non aver superato determinati limiti di reddito nel 2019 e che nel 2020 esso sia calato per almeno un terzo.
La norma non è chiara, ma acclara uno dei picchi dell’ignoranza in materia economico-tributaria dei nostri governanti, ovvero l’incapacità di distinguere redditi da ricavi e, tra questi ultimi e il fatturato, che sono cose completamente diverse, ma che politici e giornalisti, ignoranti allo stesso modo, credono - viceversa - essere sinonimi.
Ciò genera confusioni pandemiche, come già capitato con le garanzie statali previste nel decreto liquidità, il primo dell’era COVID.
In più va detto che la norma, raffazzonata com’è, non precisa - figuriamoci! -, l’entità dei contributi che sarà possibile non pagare senza che lo stesso lavoratore autonomo/professionista danneggi sé stesso nell’ottica della continuità contributiva.
Infine si tratta di una previsione che in realtà non c’è.
La disposizione, infatti, rinvia i dettagli a uno o più decreti del Ministro del Lavoro di concerto con il Ministro dell’Economia, da adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della manovra.
Alla fantasia non c’è limite
La Legge di Bilancio introduce la “norma sperimentale”.
Non è la prima volta che tale espressione compare nel dizionario di governanti di ogni estrazione, ma in un momento nel quale viviamo di sperimentazione Covid certo il Governo non poteva essere da meno della Pfizer, almeno sul piano lessicale.
Solo che la sperimentazione per la ricerca di un vaccino è logica e indispensabile, mentre per quanto attiene a una norma di governo, realmente non ha significato.
Una norma o c’è o non c’è.
Come si faccia a sperimentarla io proprio non lo immagino.
Vorrei intanto capire chi potesse essere il beneficiario e quali le cavie di una norma sperimentale e cosa succederebbe se la sperimentazione fallisse.
Immaginiamo il caso più semplice (credo anche l’unico possibile) ovvero beneficiario lo Stato e cavie i contribuenti.
Siccome qui si parla di soldi e non di molecole, se la sperimentazione fallisse, ci sarebbe qualcuno in Italia pronto a giurare, o solo pensare, che lo Stato restituirebbe i soldi trafugati alle cavie, magari pure indennizzandole?
ISCRO e “norma sperimentale”: pochi soldi per chi (forse) ha già chiuso
Ma la norma sperimentale c’è e per ogni buona norma, specie se sperimentale, c’è anche il corrispondente acronimo.
Gli americani sono fantastici a proposito di acronimi.
Pensate, FBI (Federal Bureau of investigation), NASA, (National Aeronautics and Space Administration), o semplicemente USA (United States of America), la loro è una vera e propria cultura dell’acronimo ma da noi, ignoranti come siamo, ecco che il governo non riesce a fare di meglio che produrre ISCRO (Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa).
Sembra quasi il nome di un virus (COVID, ISCRO) ed invece si tratta di una sorta di cassa integrazione per lavoratori autonomi.
Una somma di denaro, risibile quanto a entità, da riconoscere per sei mesi ai lavoratori autonomi che si trovano, causa Covid, in una condizione di estrema difficolta.
Un intervento anche lodevole, se non fosse solo propagandistico stante, appunto, l’assoluta modestia della somma messa a disposizione, il brevissimo arco temporale di “sperimentazione”, la soglia di accesso pari a un reddito di 8.165,00 Euro annui, cifra irrisoria che di sicuro non permette nemmeno la sopravvivenza di un’attività.
Aumento certo dei contributi per le Partite IVA
Molto meno fantasioso e non bisognoso di sperimentazione è l’aumento per le partite IVA, che già pagano alla gestione separata previdenziale un’aliquota del 25,7% sui redditi, dell’aliquota di prelievo INPS di 0,26 punti percentuali nel 2021 e 0,51 punti per ciascuno degli anni 2022 e 2023.
Valutazioni sull’era della Bonus Economy: a chi piace e a chi no
Secondo il CENSIS, la Bonus Economy è positiva per circa l’84% dei giovani, mentre il 66% degli anziani manifesta perplessità, tanto che il 25% afferma che potrebbe generare “dipendenza”, rischiando, per il 18%, di mandare fuori controllo il debito pubblico.
Solo il 17% degli imprenditori ritiene che le misure di sostegno, fino ad ora introdotte, saranno sufficienti a contrastare le conseguenze economiche della pandemia.
La legge della domanda e dell’offerta
Sempre il CENSIS ci racconta che, nell’ultimo trimestre, il PIL è crollato del 18% in termini reali, rispetto all’anno scorso, i consumi delle famiglie si sono contratti del 19,2%, gli investimenti del 23%, l’export del 31,5%.
Nel giugno 2020 la liquidità delle famiglie ha registrato un incremento di 42 miliardi di euro (+4% in sei mesi) e ora supera 1.000 miliardi.
Il 66% degli italiani reagisce alla paura di nuove ondate pandemiche adottando comportamenti cautelativi, ovvero risparmiando ed evitando di contrarre nuovi debiti.
Italiani: popolo di santi, poeti, marinai e risparmiatori
Noi Italiani reagiamo alla paura risparmiando.
Un comportamento solo apparentemente prudente, ma in realtà autolesionista.
Se la domanda Italiana non viene sostenuta, l’offerta delle imprese Italiane si spegne e con essa fabbriche, industrie, commercio, artigianato.
Il ciclo economico si interrompe, la crisi irrompe incontrollabile e i risparmi accumulati “per prudenza”, svaniscono come neve al sole, perché in un sistema economico collassato anche questi ultimi parteciperanno al collasso generale.
Che si fa con 100.000,00 Euro in banca se non c’è più niente da comperare perché l’offerta si è azzerata?
O peggio, molto peggio, cosa potrò mai comperare con 100.000,00 Euro quando l’assenza di offerta avrà fatto lievitare i prezzi dei pochi beni disponibili.
Centomila Euro non mi serviranno neppure per vivere un mese, come è tipico dei fenomeni di default argentini e in generale sudamericani, o come era in Italia a causa dell’inflazione prima che l’Italia fosse costretta a dimenticare la propria finanza allegra entrando nell’Euro.
Senza contare una contraddizione evidente nel comportamento del governo.
Se è vero quanto detto dal CENSIS che nel giugno 2020 la liquidità delle famiglie ha registrato un incremento di 42 miliardi di euro (+4% in sei mesi) e ora supera 1.000 miliardi, perché operare interventi a pioggia a sostegno dei consumi?
Vuol dire che questi sostegni non sono andati ad alimentare la domanda, ma sono finiti nelle tasche degli Italiani, che si sono ben guardati dallo spenderli.
Allora perché continuare in questa politica assurda di erogare bonus a chi non ne ha affatto bisogno?
Se non si riesce ad alimentare la domanda bisogna cambiare “cavallo”, puntando sull’offerta, finanziando le imprese e l’esportazione, perché all’estero i beni e prodotti italiani sono apprezzati e desiderati e, se solo adeguatamente finanziate, le imprese Italiane hanno tutte le capacità per essere una presenza importante nei mercati esteri, contribuendo alla ripresa economica interna.
E che i paurosi risparmiatori italiani se ne stiano pure a lamentarsi, a piangere sui propri risparmi, facciano come Paperon de’ Paperoni e ci facciano un bagnetto dentro.
Un circolo negativo da interrompere
La Bonus Economy deve sparire.
È necessario trovare contro di essa un vaccino come per il COVID.
È la pandemia del nostro sistema paese che si aggiunge a quella sanitaria.
Due pandemie che si alimentano una dell’altra, per disegnare un futuro oscuro.
Le logiche dell’intervento a pioggia in chiave elettoralistica non devono esistere.
Non si può sostenere, con uno spreco di risorse immenso, la domanda, senza intervenire sul sostegno all’offerta.
Non a caso l’Europa chiede un piano per la gestione dei soldi che lei ci vorrebbe dare col Recovery Fund, (ma che rischiamo di non riuscire a farci dare), che sia orientato allo sviluppo delle imprese, delle infrastrutture, della ricerca, della scuola.
Partire dall’offerta
Si deve partire dall’offerta.
Il nostro sistema economico/industriale/artigianale/commerciale deve essere messo in condizione di rilanciarla, esaltandone innovazione, qualità, efficacia, efficienza, design.
Fare una politica assistenzial-elettorale, come si è sempre fatto in Italia, non solo ci ha sempre messo in difficoltà con i nostri partner Europei, abituati ad alimentare il proprio tenore di vita col lavoro e non con il ricorso al debito (non dimentichiamoci l’enorme sforzo fatto dalla BCE a guida Draghi, nell’acquisto di titoli del debito pubblico italiano, finanziando per questa via il sistematico disavanzo dei nostri bilanci statali), ma ci fa trovare ora impreparati davanti a una sfida fino a un anno fa inimmaginabile.
Con le imprese al centro
Le imprese devono essere l’unico punto di riferimento e il loro rilancio la priorità assoluta.
Un rilancio del sistema imprenditoriale e commerciale, della ricerca e della scuola, delle infrastrutture pubbliche e private, vuol dire occupazione, offerta ad alto contenuto qualitativo a prezzi controllati, aumento del PIL e conseguente attenuazione del rischio di uscita dal controllo del debito pubblico.
Vuol dire creare un circolo virtuoso, dove è lo stesso valore aggiunto a rialimentare se stesso, per creare ulteriore valore aggiunto e così via, in un percorso di ripresa efficace e duraturo.
A ognuno il governo che si merita
Ci vorrebbe un governo efficace e autorevole, mentre quello che gli Italiani hanno voluto (e votato) è fatto di incompetenti e ciarlatani.
Infatti non dimentichiamoci che questi signori, che scientemente stanno attentando al nostro futuro, li abbiamo messi lì tutti noi.
Una grande verità che vale in tutto il mondo e tutto il mondo ci contesta:“abbiamo i governanti che ci meritiamo”.
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