Siamo in una sbornia elettorale che ci appannerà i riflessi fino a Giugno ’24.
È in corso un vero e proprio “tour de force”.
Elezioni regionali e comunali a ripetizione e, “dulcis in fundo”, le elezioni Europee di Giugno ‘24.
Tutte le forze politiche sono impegnate a non consentire al parlamento di legiferare, se non per varare provvedimenti che nulla hanno di strutturale, orientati come sono unicamente a garantire il ritorno elettorale perché non è il momento per fare cambiamenti.
Meglio rimandare.
Se i cambiamenti si vogliono proprio fare, meglio “imboscarli” all’ interno di provvedimenti apparentemente innocui.
Una per tutti la presenza nel “Decreto PNRR”, contenente disposizioni urgenti per il funzionamento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, convertito in legge il 23 Aprile ‘24, delle norme riguardanti l'attività dei volontari pro-vita nei consultori, oltre a cento altri provvedimenti, non ultima la norma che dà lo stipendio a Renato Brunetta, già professore in pensione, ex ministro ed ex parlamentare, come Presidente del Cnel.
Parlando dei volontari pro-vita, chiunque può vedere come non vi sia alcuna logica nell’accostare in un unico provvedimento temi così distanti tra loro se non il tentativo di far passare il secondo approfittando dell’urgenza di approvazione del primo.
Diversamente, se fosse cioè oggetto di un provvedimento a sé stante, quello dei volontari pro-vita nei consultori sarebbe un tema ora al centro di un dibattito parlamentare lungo e snervante, che certamente non si esaurirebbe in tempo per le elezioni europee rendendo impossibile, per i suoi promotori, avere il ritorno elettorale che si aspettano.
Da qui l’ennesimo allarme della Commissione Europea per un decreto che dovrebbe contenere unicamente misure che riguardano la struttura di governance del PNRR, come ha riferito una portavoce dell'istituzione europea.
L’Europa è preoccupata anche per altro.
Già prima di questo stato di cose l’Europa aveva manifestato la propria preoccupazione di fronte al Documento di Economia e Finanza che il Governo ha approvato il 9 Aprile ’24 e che una espressione giornalistica definisce “in versione light”.
Come riportato nel sito della Camera dei Deputati: «Il Documento di Economia e Finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio. Esso traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo (PSC). Il DEF si colloca al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell'UE.».
In pratica delinea lo “stato dell’arte” dell’azione di governo, avendo riferimento sia agli effetti prodotti dalle iniziative assunte in passato sia, soprattutto, a quelli attesi come risultato delle azioni di politica pubblica che il Governo metterà in campo.
Quanto sopra allo scopo di consolidare le finanze pubbliche per rispettare i limiti contenuti nel Patto di Stabilità e Crescita che il Parlamento Europeo ha varato il 23 Aprile ’24, a stragrande maggioranza col voto contrario o astensione dei soli rappresentanti Italiani.
Il DEF dell’Italia è però “light” perché si limita a declinare gli obbiettivi che il Governo si propone di raggiungere sul fronte del debito pubblico, del rapporto tra lo stesso e il Prodotto Interno Lordo (PIL) e tra quest’ ultimo e il deficit del nostro bilancio, senza indicare non solo gli effetti prodotti dalle iniziative di politica economica prese in passato ma anche omettendo ogni indicazione in merito a quelle da assumere in futuro e gli effetti attesi.
La giustificazione del Governo a queste mancanze nel DEF è stata talmente disarmante da essere certamente vera.
Il Governo ha infatti affermato di non essere semplicemente in grado, quanto meno ora, di misurare l’impatto sui conti pubblici dei Super bonus edilizi, come anche di quantificare il gettito atteso dal Concordato Preventivo Biennale (che si ipotizza sarà poca cosa), né tanto meno gli effetti dell’evoluzione del contesto geopolitico.
Come dire che si viaggia “a vista”, perché di prevedere un ostacolo per poterlo aggirare per arrivare a una destinazione che neppure si conosce… neanche a parlarne.
Il Patto di Stabilità e Crescita Europeo ci sta a guardare
Entrerà in vigore il primo gennaio dell’anno prossimo e sarà durissimo per l’Italia.
Col Patto di Stabilità appena varato si tornerà alle regole di bilancio ante Covid e prima dell’inizio della guerra in Ucraina.
Il periodo della pandemia e la fase iniziale della guerra tra Russia e Ucraina hanno delineato una situazione anomala nel panorama Europeo, che ha suggerito di sospendere le regole di bilancio degli Stati che hanno potuto indebitarsi oltre i limiti imposti dal precedente patto.
Ora la situazione è cambiata come anche il Patto che è stato riscritto e riapprovato.
Per l’Italia il nuovo patto non è né peggiorativo né migliorativo.
Fissa però dei paletti che l’Italia dovrà rispettare facendo dei sacrifici enormi.
Non perché gli altri Stati siano cattivi.
Non a caso siamo il Paese che ha avuto più soldi di tutti dal PNRR, anche se tutti gli Stati ben sapevano che l’Italia mai sarebbe stata in grado di spenderli, e per di più a fronte di progetti irrealizzabili se non addirittura improponibili.
Il fatto è che l’Italia ha operato, nel periodo di sospensione del Patto, come peggio non si sarebbe potuto, aumentando la misura del debito, drogando il PIL attraverso l’aiuto statale del Superbonus in edilizia con ciò facendo credere che producessero ricchezza settori che si espandevano solo grazie ai sussidi pubblici, presentando manovre finanziarie in deficit.
Partendo da questa situazione, avendo fatto le cicale da sempre e specie negli ultimi anni, il riallineamento obbligatorio ai parametri europei ci farà rimpiangere di non essere stati prudenti.
D’altra parte che riforme strutturali sono state fatte a oggi?
La riforma fiscale (ammesso che sia tale) è un divenire di norme, molte delle quali con validità limitata al solo 2024, perché assunte in via sperimentale così da poterne misurare gli effetti sui conti pubblici; numerose ancora da varare, ovvero bloccate dalla mancata emanazione dei necessari decreti ministeriali attuativi.
Il PNRR avanza a fatica, bloccato da una burocrazia asfissiante che non è stata minimamente alleggerita, ma, semmai, appesantita da sovrastrutture immediatamente popolate da dirigenti e professionisti che nulla fanno se non pesare sulle procedure e sulle casse dello stato in cambio di voti.
I bonus edilizi, che il Governo attuale ancora oggi indica come fonte di un danno erariale enorme e malversazione per miliardi di euro, facendo una affermazione che è difficile non condividere, sono ancora lì.
Chissà fino a quando dal momento che una loro interruzione dall’oggi al domani è impensabile sul piano pratico prima ancora che su quello elettorale, mentre è pensabile un loro “décalage”, ma chissà in quale arco di tempo.
Un provvedimento, quello dei bonus edilizi, costruito malamente sulla presunzione, tanto infelice quanto pressapochista, che l’arricchimento del comparto edile e del suo indotto avrebbe, sul piano erariale, ben compensato, in termini di gettito per maggiori imposte pagate, le minori entrate causate dai crediti di imposta usati in compensazione delle imposte medesime.
Una visione della realtà avulsa da ogni considerazione della complessità dei rapporti di causa-effetto che ogni provvedimento determina che, in questo caso, ha prodotto una spesa insostenibile per lo Stato, cui si aggiunge una malversazione la portata della quale è visibile solo in piccolissima parte.
Ma la linea dei nostri governanti, per il futuro, è dichiarata in maniera sintetica ed efficace: “Lasciare in pace chi lavora”, un mantra della campagna elettorale dell’attuale Governo.
Dovrebbe voler dire che chi lavora non va oppresso con inutile burocrazia, va invece aiutato favorendo il suo accesso al credito per lo sviluppo, devono essergli create occasioni di lavoro, va aiutato a sostenere gli investimenti, deve essergli creato un ambiente nel quale gli sia facile operare.
Un’affermazione in astratto condivisibile a patto che si distingua con chiarezza tra chi lavora bene e chi lo fa male, violando ogni regola fiscale, del lavoro, della sicurezza.
Quello che appare è che una scelta di campo sia a questo proposito stata fatta: “lasciare in pace chi lavora” vuol dire “liberi tutti!”.
Ecco allora la pseudo-riforma del Codice degli Appalti, che ha allargato, nel settore pubblico, le maglie della rete posta a limitazione dei subappalti a cascata, dell’assegnazione diretta (senza gara) delle commesse, della necessità di controlli puntuali, dell’ammissione alle gare di imprese costruite “ad hoc” senza una storicità di lavoro ed esperienza, senza alcuna consistenza patrimoniale, lasciando ai potenti committenti e appaltatori la possibilità di procedere nella aggiudicazione al massimo ribasso.
Bisogna lasciare in pace anche chi le tasse non le paga.
Ecco allora che ai 18 condoni con i quali il governo si è presentato, si è aggiunto il Concordato Preventivo Biennale, così elementare nella sua proposizione da sembrare pensato per consentire agli “escapologi fiscali”, che sono già all’opera, di esaltare la propria spinta creativa, trovando cavilli che consentano di massimizzarne gli effetti evasivi.
Sarebbe ancora poca cosa se allo stesso non si accompagnasse una, solo parziale per ora ma per quella totale c’è tempo, impunità fiscale con il venir meno dell’accertamento induttivo per coloro che aderiranno al Concordato Preventivo.
Intanto c’è da pensare alle elezioni, per le quali ci vuole la strategia giusta: narcotizzare l’elettorato per intorpidirlo.
Dargli certezze e non dubbi, fare leva sulla pancia e non sul ben dell’intelletto, garantirlo sullo spostamento, “sine die”, e comunque certamente a elezioni Europee svolte, di ogni tipo di riforma e limitarsi alle sole dichiarazioni di intento, distrarlo su temi che lo distolgano dalla percezione dell’Italia per quella che è, facendogli credere che essa sia quella che gli viene dipinta.
La realtà dei fatti ripropone temi e problemi che, lungi dall'essere risolti, si aggravano.
Lo Studio MSC propone alcuni elementi di riflessione nella video intervista che segue.
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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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