Sembrano due situazioni distinte, ma c’è un filo rosso che le lega.
La cronaca di queste settimane ha visto in primo piano il dramma di Firenze, con la morte di ben cinque operai in un cantiere impegnato nella realizzazione di un centro commerciale e la protesta degli agricoltori, che ha avuto la propria massima esposizione mediatica, in Italia, nei giorni del Festival di Sanremo.
È possibile mettere in evidenza un comun denominatore, un filo rosso che lega il dramma di Firenze con i disagi degli agricoltori.
Esso consiste nella possibilità ammessa di procedere nei subappalti a cascata (ora in buona misura possibili anche nel settore pubblico) e nella procedura di aggiudicazione al massimo ribasso.
Quando si parla di aggiudicazione al massimo ribasso, chi regge le fila è il committente, sia esso una società immobiliare, come nel caso di Firenze, oppure la Grande Distribuzione Organizzata, parlando del disagio degli agricoltori.
È lui a imporre il prezzo massimo di aggiudicazione dell’appalto per la fornitura di beni o servizi, blindando per questa via la misura del proprio guadagno e, perché esso si moltiplichi, assegnando l’appalto a chi farà l’offerta maggiormente ribassata, rispetto al prezzo da esso indicato come massimo.
Questa pratica verrà poi replicata a valle: dall’appaltatore nei confronti dei subappaltatori e da questi ultimi verso i loro sub-sub appaltatori, per un numero indefinito di volte, non essendovi un limite al numero di questi ultimi.
Il risultato è che la fetta della torta diventa, via via che si procede verso il basso, sempre più sottile, costringendo ogni subappaltatore a tagliare i costi utilizzando materiale scadente, mano d’opera non specializzata e assunta con contratti di lavoro meno onerosi e non adeguati alle prestazioni da svolgere (o addirittura ricorrendo al lavoro nero), tagliando i costi sulla sicurezza, sulla formazione, eccetera.
Se parlando di Firenze pensiamo, per prima cosa, alla molteplicità di imprese edili e artigiani coinvolti nei subappalti; riferendosi al disagio degli agricoltori ad essere coinvolta è la moltitudine di attori che si intromettono nel flusso che porta i prodotti agricoli dal luogo di coltivazione agli scaffali dei supermercati.
Tutti vedono il loro guadagno condizionato dall’offerta iniziale fatta dalla Grande Distribuzione Organizzata che vuole assicurare, per sé e per la propria rete di vendita, un profitto adeguato, imponendo il massimo ribasso alle offerte di tutti coloro che, a valle, opereranno perché gli scaffali siano riforniti.
In questo caso l’ultimo anello della catena è l’agricoltore che, in quanto produttore, dovrebbe essere messo in grado di avere tutte le risorse per fare gli investimenti necessari ed essere remunerato per il lavoro svolto e il rischio di impresa che patisce.
Andrebbe quindi tutelato nella sua attività ma, purtroppo, non è così, malgrado la ovvia considerazione che se si fermasse lui, l'intera filiera rimarrebbe “a secco”, compresa la Grande Distribuzione che sarebbe punita della propria arroganza.
Bisognerebbe estendere anche al settore privato il Codice degli Appalti Pubblici non prima, però, di avervi ripristinato le tutele (divieto di subappalti a cascata e regolamentazione stringente dei criteri di aggiudicazione vietando la procedura del massimo ribasso) ora rimosse per perseguire la logica, come si vede dannosissima, del “non disturbare chi lavora”.
Per quanto i media non abbiano dato quasi più alcuna rilevanza a questi temi (se non per le violente proteste degli agricoltori a Bruxelles di qualche giorno fa) ciò non vuol dire le cause scatenanti siano state risolte ed è per questo che ne parlo nella VIDEO INTERVISTA.
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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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