Garanzia MCC alle Banche per sostegno PMI: questione irrisolta


L’annosa questione della garanzia di MCC a favore delle Banche finanziatrici di PMI

La garanzia del Medio Credito Centrale a favore delle banche finanziatrici delle PMI e la loro determinazione a sovra-garantirsi è una questione annosa e mai risolta.
Il Fondo di Garanzia delle PMI interviene in favore di tutte le imprese, garantendo le banche che erogano nei loro confronti finanziamenti per lo sviluppo e il sostegno della loro attività.
Per questa via il finanziamento diventa ottenibile anche in capo a imprese non in grado di offrire garanzie personali o reali alla banca finanziatrice.
 
Si rimanda al mio precedente articolo
Garanzia Medio Credito Centrale per PMI. Mission impossible!
pubblicato nel Blog dello Studio Associato MSC
 
Si trattava di un accorato appello al rispetto dello spirito della norma ormai sistematicamente “dimenticato” anche a causa di una scrittura approssimativa della stessa.
Proprio per questo la norma si presta ad applicazioni distorsive, rispetto all’intento che ne ha, in origine, permeato la stesura.
 

Nulla è cambiato: la norma è sempre la stessa

Se fosse stata riscritta o, quanto meno, se ci fosse stata per essa una “interpretazione autentica”, si sarebbe recuperato il suo intento originario che è quello di aiutare le PMI, mettendo a loro disposizione uno strumento in grado di favorire l’apertura di linee di finanziamento di facile accesso per agevolarle nello sviluppo.
 

È lo Stato che si fa carico di aiutare le PMI

Non a caso è il Fondo di Garanzia delle PMI (attraverso il Medio Credito Centrale) a intervenire, nel rispetto della sua “mission” di favorire la crescita delle PMI che nel nostro paese, ma anche in Europa, rappresentano la stragrande maggioranza delle imprese che, col loro lavoro, consentono al sistema economico di procedere nel proprio cammino (in un recente passato ante-Covid avrei detto “prosperare”).
 

È lo Stato che garantisce le banche

L’intervento del Medio Credito si presenta sotto forma di garanzia rilasciata in favore della Banca finanziatrice la quale, grazie alla garanzia statale, può erogare il credito anche a soggetti, potremmo dire, meno performanti sul fronte del proprio merito creditizio, senza contare che il finanziamento assistito dalla garanzia del Medio Credito è per la banca a “ponderazione zero” e, come tale, non incide sul suo stato patrimoniale, in quanto la Banca stessa non deve accantonare alcuna riserva a fronte dell’erogazione effettuata.
 
La banca, pertanto, risponde al proprio mandato di contribuire al sostegno del sistema economico, in una forma perfettamente garantita dallo Stato e abbellita nello stato patrimoniale, nel quale, all’aumento delle attività - i crediti verso i soggetti finanziati - parlando di queste operazioni non deve contrapporre alcun incremento di passività, non essendo costretta a procedere in alcun accantonamento in un fondo rischi.
 

Il diritto del creditore: garantirsi

La regola generale è che chi eroga un finanziamento ha titolo per ottenere le garanzie che ritiene necessarie.
In effetti, in questo caso, ben si potrebbe dire che la garanzia statale sia di per sé adeguata tanto per la sua entità (fino all’ 80%, come importo di base, e oltre per le Start up innovative e in molte altre tipologie di erogazione, in particolare se legate al sistema di sostegni a fronte della pandemia), quanto per la qualità del soggetto garante, addirittura lo Stato.
 

Garantirsi è lecito, “sovra-garantirsi” forse no

Se è lecito per tutti, e per le banche nel caso specifico, garantirsi a fronte dei prestiti erogati, diverso potrebbe essere il diritto a sovra-garantirsi.
Per questa via, infatti, si generano conseguenze estremamente negative in capo ai soggetti che la norma, nel suo spirito, ha individuato come i veri destinatari del beneficio.
La procedura che vorrebbe che la banca si limitasse a una valutazione di massima del progetto da finanziare e delle caratteristiche del soggetto finanziato, subordinando la delibera di erogazione al solo ricevimento della garanzia del Medio Credito, si scontra con un potere istruttorio cui la banca non rinuncia.
Di qui derivano analisi approfondite sul soggetto richiedente, sulla sua capacità di rimborso, sul suo merito creditizio.
 
Tutto corretto, certamente, ma alla fine dell’istruttoria l’esito è sempre lo stesso.
I finanziabili sono troppo spesso unicamente coloro che ben potrebbero accedere a linee di credito indipendentemente dalla garanzia del Medio Credito tanto è forte la loro credibilità economico-finanziaria.
 

Norma corretta in un contesto sbagliato

È il contesto a essere sbagliato, perché la norma non guarda a chi è comunque finanziabile in ragione della propria condizione di imprenditore affermato, ma a chi si propone di arrivare, con serietà perché quella non può mai mancare, a tale condizione.
 

Di cosa si preoccupano le banche

Le banche sono normalmente preoccupate da due aspetti:
  1. che una erogazione assistita dalla garanzia statale le porti ad “allargare i cordoni della borsa” anche in favore di soggetti infinanziabili o già talmente gravati da debiti, da essere nella condizione di dover pagare i debiti vecchi con i nuovi finanziamenti ottenuti, sommando, per questa via, debito a debito e quindi essere, loro malgrado, corresponsabili di una condizione di sovrindebitamento del finanziato;
  2. che all’ interno di prassi burocratiche farraginose si annidi la possibilità di commettere un errore che, da solo, possa mettere il Medio Credito in condizione di negare l’escussione della garanzia a richiesta bancaria.
 

Dove si annida la possibilità di errore?

In particolare nell’“allegato 4”, che riporta dati sensibili di ordine economico e patrimoniale, riferiti al possibile finanziato.
In passato era un allegato come tanti nella pratica complessiva per la richiesta di garanzia da presentare al Medio Credito.
 
Ora le cose sono cambiate
Molto spesso le banche si rifiutano di compilare non solo “l’allegato 4”, ma intere sezioni della domanda di rilascio di garanzia, lasciandone l’onere a chi richiede il finanziamento, senza contare le liberatorie e le richieste di indennizzo per eventuali danni subiti, che le banche richiedono “in ogni pagina” (si potrebbe dire) della domanda.
 

Le logiche commerciali delle banche

Le banche operano secondo logiche commerciali e di bilancio.
In determinati periodi hanno liquidità disponibile da collocare sul mercato del credito.
In tal caso l’azione di finanziare diventa temporaneamente prioritaria, al punto da indurle a ridurre il peso dell’istruttoria, facendo maggiore se non totale affidamento sulla garanzia del Medio Credito e non chiedendone una suppletiva al cliente.
 
In altri momenti possono avviare delle “campagne” volte al finanziamento di particolari categorie di soggetti, nei confronti dei quali vengono applicate condizioni non ordinarie, sia sul fronte economico che su quello delle garanzie richieste.
 
Sempre più spesso alle banche si affiancano piattaforme digitali (Credimi, Borsa del Credito e tante altre) che, almeno a parole, operano richiedendo garanzie inferiori o nessuna garanzia.
Questo genera una situazione competitiva che può costringere le banche, in determinati periodi, a intervenire sulle proprie procedure per “reggere” la concorrenza.
Anche in questo caso aumenta, solo per loro scelta strategica, il grado di importanza della garanzia del Medio Credito, riducendosi quella personale dell’affidato, al quale può non essere richiesta.
Oppure non viene richiesta se il merito creditizio dell’affidato è di per sé sufficientemente alto da indurre la banca, in questo caso non per scelta strategica ma per motivi oggettivi, a limitarsi all’ottenimento della garanzia statale.
 

La garanzia personale in aggiunta a quella statale

In generale, tuttavia, le banche seguono la procedura di richiedere una firma di avallo al finanziato che, di fatto, rappresenta per la banca una garanzia personale, che si aggiunge a quella statale.
 
La firma coinvolge il finanziato sotto due aspetti:
  1. nel momento in cui la banca non potesse escutere MCC, potrà agire nei confronti del fideiussore;
  2. nel momento in cui la banca venisse soddisfatta da MCC sarebbe quest’ultimo che si surrogherebbe negli originari diritti creditori della banca, per agire in prima persona nei confronti del creditore.
 

Firma di avallo: qual è il punto?

La questione è se il rilascio della firma personale di avallo, in aggiunta alla garanzia MCC, sia o meno una forzatura della norma, configurando una azione di super-tutela bancaria e se quest’ultimo comportamento sia censurabile o meno.
 
La giurisprudenza non si è formata, per quanto mi è dato sapere, oppure è in via di formazione stante i procedimenti ancora in corso.
 

I prestiti del primo decreto Conte: una cartina di tornasole

Una cartina di tornasole si è avuta in occasione delle dazioni previste dal primo decreto del Governo Conte che concedeva, tra gli altri, prestiti alle imprese per importi di fatto esigui come gli iniziali quindicimila euro.
Tali prestiti, a detta del Governo, dovevano essere erogati “automaticamente“ dal sistema bancario, giusta la garanzia, altrettanto automatica, del Medio Credito.
 

La realtà è stata ben diversa

Non si è verificato alcun automatismo, bensì attività istruttoria invasiva, richiesta di garanzie sistematiche, finanziamento certo solo per “i soliti noti”.
Senza contare la pretesa delle banche di ottenere una sorta di “scudo penale“ a fronte dell’erogazione dei finanziamenti a soggetti “deboli”.
 

Banche d’affari e banche di credito ordinario

Quale momento migliore di quello degli interventi anti-pandemici per porre mano alla norma e alle sue modalità di applicazione, da sempre affidate a una Circolare ABI?
Nulla è stato fatto, invece: l’occasione si è persa, la forza delle banche è ancora aumentata.
Certo non sono, le nostre, “banche d’affari” ovvero istituti che, istituzionalmente, possano accettare un certo grado di rischio condividendolo con l’imprenditore.
Le “banche d’affari” sono diffuse in particolare nel mondo anglosassone, ma anche da noi, finalmente, cominciano a far capolino.
 
Malgrado ciò le banche con le quali l’imprenditore si trova normalmente a operare sono di “credito ordinario”, cioè banche che collocano sul mercato i soldi dei risparmiatori.
Proprio per questo lo devono fare con estrema prudenza, sempre pronte a restituire, su semplice richiesta del legittimo proprietario, i soldi da lui ricevuti a deposito.
Ma anche nelle “banche di credito ordinario” le cose cominciano a cambiare, con l’apertura di “divisioni business”, dove la logica della ”banca d’affari” comincia a trovare spazi sempre maggiori.
 
La lenta apertura, imposta anche dalla concorrenza internazionale, del sistema bancario a una maggiore condivisione del rischio in logica anglosassone, è solo all’inizio.
Si tratta di un processo che incontrerà chissà quanti e quali ostacoli, posti da coloro che, a vario titolo e nell’impunità più assoluta, faranno valere i propri interessi privati a danno di quelli pubblici, cercando di rallentare, nella speranza di bloccare, un processo di modernizzazione del mercato del credito, indispensabile per essere al passo coi tempi.
 

Una questione ancora aperta

Oggi come oggi, nel contesto nel quale gli imprenditori più frequentemente operano, la questione resta irrisolta.
Va chiarito se sia lecita o meno un’azione proposta dal finanziatore, non volta a ottenere una garanzia, cosa che è fuori discussione, ma una sovra-garanzia non rapportata al rischio effettivamente corso.
Si deve stabilire se mettere per questa via in grave difficoltà il debitore, compromettendone la capacità di credito, sia rispettoso dello spirito di una norma che certamente non si propone un tal risultato, ma, al contrario, è studiata per aiutare gli imprenditori meritevoli a continuare nella propria attività facendola prosperare.
 

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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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