Per tutte le imprese e professionisti, il ricorso alla garanzia offerta dal Medio Credito Centrale in favore degli Istituti di Credito, a fronte dei finanziamenti richiesti per la creazione e lo sviluppo delle rispettive attività di impresa e professionali, è sempre stato un punto fermo.
Lo strumento è stato introdotto con la Legge 662/96, istitutiva del Fondo di Garanzia per le PMI, e consente agli Istituti di Credito di vedersi garantito direttamente dallo Stato (materialmente dal Medio Credito Centrale) fino all’80%, in alcuni casi in misura superiore, del credito accordato all’impresa o professionista che ne avesse fatto richiesta.
La garanzia è richiesta dagli Istituti di Credito in maniera praticamente automatica al punto che, specie in passato, di ciò il cliente non veniva nemmeno avvisato.
Tipicamente, l’intervento del Medio Credito Centrale non determina alcun danno in capo al cliente mentre è di vantaggio per l’Istituto di Credito finanziatore che vede limitato il rischio connesso al finanziamento erogato.
Senza contare che l’Istituto finanziatore, in presenza della garanzia offertagli dal Medio Credito Centrale, è esonerato dall’ obbligo di alimentare il proprio fondo rischi, a valere sui crediti concessi (a ponderazione zero), come avverrebbe se la garanzia non ci fosse, con il risultato di migliorare la rappresentazione e la consistenza del proprio patrimonio.
La norma che disciplina il rilascio della garanzia diretta da parte del Fondo di garanzia, dice espressamente, al punto 11 della lettera E.3:
“Sulla quota di finanziamento garantita dal Fondo non può essere acquisita alcuna altra garanzia reale, assicurativa e bancaria. Sulla parte residua del finanziamento possono essere acquisite garanzie reali, assicurative, bancarie, il cui valore cauzionale complessivo (…) non superi la quota di finanziamento non coperta dalla garanzia del Fondo.”
Se quindi la garanzia diretta in favore della banca fosse dell’80% di quanto la stessa avesse concesso a titolo di finanziamento al proprio cliente, entro tale limite essa dovrebbe accontentarsi della garanzia del Medio Credito non potendovi sovrapporre:
- garanzie reali;
- assicurative;
- bancarie.
La norma era ed è così tuttora.
Malgrado ciò, le banche, nel corso degli anni, di fronte al cambiare degli scenari economici e dei sistematici abusi a danno di una norma di sicuro favore, che veniva utilizzata in maniera distorta per orientare il credito verso soggetti finanziariamente ed economicamente impresentabili, hanno cominciato a temere che il Medio Credito Centrale potesse opporsi alle escussioni delle garanzie rilasciate e da esse presentate in maniera sempre più massiccia.
Le banche hanno compreso sempre più che il sistema di garanzia era destinato a perdere la sua iniziale sostanziale automaticità, in favore di una necessaria preliminare attività istruttoria, che le banche si sarebbero trovate a sviluppare tuttavia su informazioni, nonché dati economici e finanziari, quanto meno di dubbia affidabilità.
Questo perché le false comunicazioni bancarie sono percepite da troppi come irrilevanti, ed in ogni caso non percepibili da funzionari che vengono visti come incapaci e preoccupati solo di fare budget per ottenere premi di produzione.
Nulla di più sbagliato evidentemente.
Le false comunicazioni bancarie configurano un reato penalmente rilevante e certamente le banche hanno funzionari all’altezza dei propri compiti.
Di fronte a tale situazione e alla sua evoluzione negativa, le banche hanno cercato di correre ai ripari, assumendo comportamenti ritenuti da molti assolutamente discutibili.
È diventata infatti prassi per esse, quella di richiedere al cliente una fideiussione volontaria e personale a loro favore che, tecnicamente, non è una fideiussione bancaria, espressamente vietata dalla Legge 662/96, ma, proprio in quanto personale e volontaria, ammissibile, tanto più se finalizzata a garantire l’esatta praticabilità del progetto e la veridicità delle informazioni e previsioni fornite dal finanziato nell’“allegato 4” alla domanda di rilascio di garanzia inoltra dalla banca al Medio Credito.
Indipendentemente dalla lettura ”tecnica”, nella sostanza si tratta di una garanzia che si sovrappone a quella del Medio Credito, a valere sullo stesso finanziamento e che ha l’unico sicuro effetto di creare un filo diretto tra banca e affidato.
Con la sola garanzia statale, infatti, l’Istituto finanziatore si sarebbe limitato a escutere il Medio Credito che avrebbe pagato in forza della garanzia erogata.
La questione sarebbe finita lì e l’imprenditore sfortunato sarebbe stato liberato della propria obbligazione nel rispetto dello spirito della norma, che è quello di consentire l’accesso al credito anche agli imprenditori e professionisti meno performanti sul fronte del merito creditizio, ma non per questo meno meritevoli di accesso ai finanziamenti utili alla propria attività.
Affiancando invece a quella Statale la garanzia personale, anche il soggetto finanziato, e non più in grado di far fronte alle proprie obbligazioni, si vedrà destinatario di una cartella esattoriale (l’Agenzia delle Entrate è infatti incaricata della riscossione) per l’esatto importo di quanto pagato dal Medio Credito a fronte dell’escussione della garanzia da esso prestata da parte dell’Istituto finanziatore.
La garanzia personale rilasciata dal finanziato, autorizza infatti legalmente il Medio Credito a surrogarsi nelle iniziali ragioni del creditore, la banca finanziatrice per quanto ormai soddisfatta nelle sue pretese, perseguendo in prima persona il debitore principale.
La giurisprudenza è latitante sul tema della legittimità del comportamento delle banche, alla fine orientato a sovra garantirsi.
Ciò a differenza dell’ABI che, dal canto suo, sostiene la legittimità del comportamento delle banche, facendo appello alla natura “volontaria” della garanzia da esse richiesta, che per questo non rientra tra quelle vietate dalla normativa.
Uno dei pochi contributi sul fronte giurisprudenziale la ha offerto il Tribunale di Torino con la propria ordinanza del 4 Luglio 2022.
Il Tribunale in tale ordinanza, in accoglimento di specifica istanza dei ricorrenti, ha dichiarato la parziale nullità della fideiussione (oggetto di decreto ingiuntivo di pagamento) nella parte in cui garantiva il medesimo debito già coperto da garanzia statale perché la fideiussione bancaria rientra tra le garanzie vietate in copresenza del Fondo di Garanzia.
Il Tribunale si pone quindi dalla parte dello spirito della norma, eliminando con un colpo di spugna i distinguo dottrinari che fanno leva solo sulla natura della fideiussione bancaria rispetto a quella volontaria richiesta dalla stessa banca.
Per il Tribunale una fideiussione richiesta da una banca al proprio cliente imprenditore/professionista per la concessione di un finanziamento, e da questi concessa, è comunque una fideiussione bancaria, che diventa illegittima se compresente a quella rilasciata dal Medio Credito a fronte del medesimo finanziamento.
Si potrebbe allora ritenere che l’impostazione riconosciuta dal Tribunale di Torino possa consentire a coloro i quali hanno sottoscritto una fideiussione in copresenza di quella del Fondo di Garanzia di:
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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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