Eliminazione dell'IRAP... ma non per tutti


Cosa ci regala la Legge di Bilancio

Finalmente è stata approvata dal Parlamento la Legge di Bilancio, che si presenta come una cornucopia piena di doni. Ma per chi?
Andiamo a scartare il primo pacchetto: l’eliminazione dell’Irap.
 

Eliminazione dell’Imposta Irap, ma non per tutti

A decorrere dal periodo d’imposta 2022, l’Irap non sarà più dovuta dalle persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni. 
 

C’era una volta l’Ilor… l’Irap ne è l'erede

L’Irap è nata, ormai tanti anni fa, per sostituire l’“Ilor” ovvero l’“Imposta Locale sui Redditi”.
Dell’Ilor, l’Irap, ha mantenuto la destinazione Regionale, ma ha perso l’elemento caratterizzante, dell’imposta che è andata a sostituire, ovvero di essere pensata per tassare il “sovrareddito”, che poteva assicurare alle imprese il disporre di una struttura industriale rispetto a quelle che non ne disponevano.
Così, tipicamente, un’attività artigiana che si caratterizzasse per la prevalenza dell’attività manuale del titolare generava un reddito da non assoggettare a Ilor.
Al contrario, il reddito prodotto da un’attività produttiva che si caratterizzasse per l’impiego di macchinari e strutture sarebbe stato certamente da assoggettare a quest’ultima imposta.
Analogamente non erano soggetti a Ilor i professionisti per i quali la prevalenza, nel loro lavoro, della componente intellettuale su quella organizzativa, era pacifica.
 

Una questione di gettito

Bisognava però aumentare il gettito fiscale a vantaggio delle Regioni e consentire loro di “fare cassa” per sostenere le ingenti spese.
Non si poteva, però, contare ancora sull’Ilor, il cui gettito andava riducendosi a causa del progressivo allargamento della fascia delle imprese che ne erano esonerate.
Ciò a motivo di successive prese di posizione della giurisprudenza, e conseguenti interventi legislativi, che riconoscevano a un numero sempre maggiore di imprese la mancanza delle caratteristiche necessarie per considerare il reddito da loro prodotto come assoggettabile all’Ilor.
 

Ripartire da zero

L’Irap viene introdotta, quindi, per “ripartire da zero”.
In una Italia nella quale assistiamo, da sempre, al prevalere della “Forma” sulla “Sostanza”, è bastato cambiare il nome ad un’imposta (da Ilor a Irap) per azzerare dottrina, giurisprudenza e legislazione che si erano consolidate nell’escludere determinate categorie di imprese e i professionisti, dall’obbligo contributivo.
In questo modo l’Irap è potuta nascere coinvolgendo tutte le imprese e tutti i professionisti, nessuno escluso, allargando la base imponibile a soggetti che mai avevano dovuto corrispondere l’Ilor, ben sapendo, i nostri legislatori, che i distinguo giurisprudenziali si sarebbero ripetuti a carico della nuova imposta, come era stato per quella che era andata a sostituire, ma con i “tempi biblici” della giustizia amministrativa e fiscale, potendo quindi contare su anni ed anni di gettito per le Regioni.

Se l’intento non fosse stato questo, sarebbe da domandarsi come fosse stato possibile che una norma, l’Irap, fosse nata fin dall’inizio perfettamente aggredibile su tutti quegli stessi fronti sui quali era stata aggredita, ridimensionandola, l’imposta che essa era a andata a sostituire.
 

Irap, un imputato sempre sotto giudizio

Come era stato previsto sin dall’inizio, il percorso di revisione dell’Irap si è avviato dopo qualche anno ed è diventato un processo continuo.
Dal 1 Gennaio 1988, anno nel quale è stata introdotta nel nostro ordinamento fiscale, essa ha subito modifiche senza soluzione di continuità.
La giurisprudenza, cui solo in parte si è allineato il legislatore fiscale, ha riproposto tutte le contestazioni già precedentemente avanzate parlando di Ilor per giungere alle stesse conclusioni.
 

34 anni di prelievo forzoso

Sono passati però trentaquattro anni, durante i quali, con l’Irap, è stato garantito un gettito fiscale sostanzialmente “forzoso”.
La sua legittimazione, infatti, derivava, e deriva, unicamente, da un “escamotage”, un trucchetto, cioè, che, partendo dal varo di un’imposta solo formalmente nuova, ha consentito un prelievo in capo a soggetti che già in precedenza, con l’Ilor, erano stati acclarati come esclusi dall’obbligo impositivo.
Una platea che, di anno in anno, si è tuttavia ridotta e sta riducendosi, esattamente come accaduto con la precedente imposta, perché la giurisprudenza ha via via riproposto gli stessi paletti già applicati nel passato, al punto che lo stesso legislatore non ha potuto far finta di niente.
 

Revisione della base imponibile

L’imposta è stata rivista intervenendo sulla sua base imponibile, mitigando le conseguenze di aver previsto per essa una misura diversa da quella a base del conteggio dell’Irpef e dell’Ires.
La differenza era, in buona misura, dovuta all’indeducibilità, ai fini Irap, in particolare dei costi del personale e degli oneri finanziari.
La circostanza determinava effetti anomali che tutt’ora, per esigenze di gettito, sono stati corretti solo in parte.
Si assiste infatti ancora, per quanto in misura inferiore rispetto al passato, al caso di imprese che nel loro bilancio fiscale dichiarano, ad esempio, una perdita legittima ai fini Irpef e Ires, la quale, inopinatamente, si trasforma in utile tassabile ai fini Irap.
Quanto sopra a causa del peso dei costi del personale e degli oneri finanziari, che concorrono a ridurre, quasi nella loro totalità, il reddito tassabile (o ad aumentare la perdita) per le prime due imposte ed invece sono “ripresi a tassazione” ai fini Irap.
 

La platea dei soggetti convolti nell’Irap

La questione più importante era, ed è, la corretta individuazione della platea dei soggetti sottomessi all’imposta Irap.
Niente di diverso da quanto successo in “regime” Ilor.
Dall’iniziale situazione di imposizione indiscriminata si è arrivati alla situazione attuale di forte limitazione delle categorie di soggetti coinvolti.

La comune matrice con l’Ilor ha fatto sì che anche all’Irap si contestasse la circostanza di essere applicabile unicamente ai soggetti in capo ai quali si potesse identificare l’esistenza di una “Attività Produttiva” organizzata.
Non a caso “Irap “ vuol dire “Imposta Regionale sulle Attività produttive” ed è ben comprensibile come essa non sia dovuta da coloro che non dispongano di una “Attività Produttiva” che possa essere intesa come tale.

È soprattutto la giurisprudenza, che si è arricchita nel tempo, che ha consentito di escludere, in via interpretativa, dai soggetti tenuti al pagamento dell’imposta, ad esempio, i professionisti, che certamente non fanno produzione, e i piccoli artigiani che lavorino essenzialmente con mezzi propri, disponendo di una minima organizzazione d’impresa.
 

L’ennesima modifica arriva dalla Legge di Bilancio 

La Legge di Bilancio ci propone ora l’ennesima modifica, allargando ancora la platea di coloro che non sono soggetti all’Irap.
Niente di eccezionale, però, in quanto le fila di questi ultimi si erano già ben ingrossate.
La norma si limita a definire, si spera in maniera chiara, ma questa è solo una speranza nel nostro sistema fatto di distinguo ed eccezioni continui, che il reddito prodotto da professionisti e ditte individuali non è assoggettato a Irap.
 

Il vero vantaggio: una difesa contro il Fisco

Il vantaggio consiste nel fatto che a dirlo è finalmente una legge dello Stato, sottraendo la questione al Fisco che ha ripetutamente contestato, alla luce di una lettura della norma sempre ispirata alla forma e non alla sostanza, il mancato versamento dell’Irap anche a soggetti che oggettivamente non vi erano tenuti.

L’Agenzia delle Entrate applica troppo spesso, nei confronti dei contribuenti, comportamenti “pro domo sua”, in questo senso incontrando il parere favorevole degli organi della giurisdizione fiscale, i tribunali amministrativi e la Corte Costituzionale.
Questo perché il fisco è portatore di interessi generali che meritano una maggior tutela di quelli individuali.

Il principio è sacrosanto, ma non può consentire la lettura delle norme in via interpretativa dove, a seconda dei casi e delle necessità di gettito, essa privilegi la sostanza oppure la forma.
 

Il contribuente disarmato

Di fronte all’assenza di regole e in presenza di scenari continuamente mutevoli il contribuente è disarmato.
Infatti è proprio lui a doversi difendere dalle accuse del Fisco il quale, normalmente, non è tenuto a dimostrare alcunché, potendo contare sulla ”inversione dell’onere della prova” per effetto della quale non è chi accusa a dover dare la prova di ciò che afferma, ma è chi è accusato a doversi difendere, finendo per trovarsi, conseguentemente, in una condizione di estrema debolezza.

Senza contare, inoltre, che la lettura delle norma in chiave “interpretativa” produce l’effetto di estendere quest’ultima anche al passato, trasformando in illeciti i comportamenti precedentemente assunti dai contribuenti e, in quell’occasione, considerati perfettamente rispondenti alle norme.
 

L’ampliamento della platea dei soggetti esclusi dall’Irap

La circostanza che la Legge di Bilancio intervenga sulla questione è quindi rilevante non tanto, e non solo, per l’allargamento della platea dei soggetti esentati dal pagamento di tale imposta.
Sotto questo profilo, addirittura, non si può non notare che l’intervento governativo crea delle chiare disparità.

La platea delle ditte individuali non è assolutamente composta unicamente di soggetti che non dispongono di un’organizzazione produttiva.
È vero il contrario, perché vi sono moltissime imprese che, per quanto nominalmente appartenenti ad un unico soggetto, sono invece portatrici di interessi di molti e lo fanno utilizzando strutture dove il personale e i beni strumentali sono preminenti rispetto all’attività svolta dal titolare, che ben può non occuparsene.
Analogamente accade per i professionisti.
Molto spesso si avvalgono di strutture dove il personale è numeroso, gli uffici più d’uno, gli apparati informatici rilevanti.

Senza contare che tutte le società continuano a essere ricomprese tra i soggetti tenuti al pagamento dell’Irap, ma anche per esse valgono le medesime considerazioni perché non è possibile sostenere, come invece si pretende evidentemente di fare, che la dimensione societaria sia di per sé condizione sufficiente ad affermare l’esistenza di un’attività produttiva organizzata, al punto tale da generare l’obbligo impositivo.

Con riferimento alle società, inoltre, la circostanza che restino soggette all’Irap non può che rappresentare un deterrente alla loro costituzione.
Il contesto economico nel quale le imprese operano richiede invece che esse siano adeguatamente dimensionate, cosa che non può essere disgiunta dal costituirsi in forma collettiva piuttosto che individuale.
 

Effetti già da quest’anno, non solo dal 2023

Non si creda che gli effetti dell’eliminazione dell’Irap per i soggetti coinvolti si facciano sentire in maniera piena nel 2022.

L’anno appena iniziato è solo quello dell’entrata in vigore della norma.
Sarà possibile misurarne gli effetti con la dichiarazione dei redditi riferita al periodo di imposta 2022 e pertanto nel 2023.
Si avrà però per essi un’anticipazione consistente già in occasione del pagamento degli acconti per l’anno di imposta 2022, da corrispondere ad Agosto e Novembre di quest’anno.

In presenza di un’imposta non più dovuta, non sarà infatti necessario versare per essa alcun acconto, registrando un immediato beneficio in termini finanziari.
 

La Legge di Bilancio è, come ogni anno, una specie di Cornucopia

La Cornucopia è un corno colmo di frutti e ornato di fiori, il simbolo dell'abbondanza secondo la mitologia greco-romana.
La Legge di Bilancio si presta benissimo a questa rappresentazione, colma com’è di provvedimenti che interessano infiniti ambiti e promettono di essere dei veri doni, che contribuiranno ad assicurare un futuro di sviluppo e serenità per tutti.

È lecito domandarsi se sarà così perché, anche questa, come le innumerevoli volte precedenti, quel che emerge è come il  comun denominatore di quanto in essa contenuto sia l’abbondanza che gli interventi certamente garantiranno a coloro in favore dei quali sono stati pensati.
E che sia una manovra in gran parte finanziata non con risorse, ma con il maggior ricorso all’indebitamento lascia indifferenti i nostri politici, perché sanno bene che non saranno certamente loro a mettere mano al portafogli.
 


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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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