Criptovalute: trattamento fiscale


Le operazioni in criptovaluta, gli investimenti con esse operati e le plusvalenze eventualmente realizzate in caso di loro dismissione sono sottoposti a precise regole dichiarative e di tassazione.
Ho recentemente parlato delle criptovalute, delle quali il “Bitcoin” è l’esempio noto a tutti, nell’articolo CRIPTOVALUTE SULLE MONTAGNE RUSSE
 

Criptovalute: un sistema privo di regole?

L’assenza di regole corrisponde alla verità solo in parte, in quanto investe, in particolare, le modalità di circolazione delle criptovalute.
È proprio la deregolamentazione che genera per le criptovalute un’estrema volatilità, ovvero possibilità di elevatissime fluttuazioni del loro valore.
Quest’ultima riflette l’elevato rischio connesso al loro utilizzo, in particolare quando, con la moneta virtuale, si facciano operazioni di investimento.
 

Rischio elevato, premio adeguato

A un rischio elevato non può che corrispondere un rendimento che rappresenti un premio adeguato.
I guadagni (le plusvalenze) realizzabili dal disinvestimento di asset finanziari precedentemente creati in moneta virtuale, possono essere infatti cospicui.
Il contenimento delle fluttuazioni per mezzo di un sistema di norme, come avviene per i sistemi monetari disciplinati, avrebbe l’effetto di ridurre il rischio, naturalmente a discapito dei possibili ingenti guadagni.
Regolamentazione parziale, quindi. E sul piano fiscale cosa succede?
 

Posizione dell’Agenzia delle Entrate: scattano gli obblighi tributari

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 788 del 24 novembre 2021, ha definito il trattamento fiscale applicabile alla detenzione di valute virtuali in capo alle persone fisiche al di fuori dell'esercizio di arti, professioni o impresa.
La premessa è che le criptovalute hanno natura di moneta virtuale che viene utilizzata per effettuare transazioni online, su piattaforme all’uopo dedicate.
Il guadagno derivante dallo smobilizzo di asset finanziari con esse realizzati, come anche quello derivante dalla conversione delle criptovalute in altre monete virtuali, piuttosto che in quelle aventi corso legale, fa scattare precisi obblighi tributari, compreso quello di monitoraggio fiscale.
 

Dettaglio degli obblighi tributari

Entriamo un po’ più nel dettaglio.
Vi è prima di tutto un obbligo di dichiarazione degli asset finanziari costituiti in criptovalute, così da consentirne il monitoraggio.

Con la propria risposta all’interpello n. 788 del 24 novembre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha specificamente affrontato il tema del monitoraggio dei cosiddetti “Digital Wallet” ovvero portafogli elettronici virtuali di criptovalute, accessibili tramite chiavi di accesso private.
Il monitoraggio avviene attraverso la compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi (Modello Unico) da parte dalle persone fisiche residenti in Italia, che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.
Tuttavia il quadro RW non va compilato per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento.
In questi casi, normalmente, i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti sono, infatti, già stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi.

Una volta individuata la residenza fiscale in Italia (in estrema sintesi: permanenza in Italia della persona fisica per un periodo minimo di 183 giorni, anche non continuativi), l’eventuale possesso delle valute virtuali con “Wallet” estero può far scattare l’obbligo di dichiararne l’esistenza.
Il contribuente dovrà pertanto indicare nel quadro RW il controvalore in Euro della consistenza di tutti gli investimenti e delle attività detenute all’estero al 31 Dicembre di ogni periodo d’imposta al cambio, in tale data, indicato nel sito del “Wallet” estero dove il contribuente abbia operato l’acquisto della valuta virtuale.
L’obbligo di comunicazione ai fini del monitoraggio fiscale esiste anche qualora il contribuente, nel corso del periodo d’imposta, abbia totalmente disinvestito le proprie attività finanziarie. In questo caso, infatti, il contribuente dovrà indicare, oltre al controvalore delle criptovalute detenuto alla fine di ciascun anno, anche quello alla data di vendita avvenuta in corso d'anno.
In aggiunta all’obbligo di dichiarazione ai fini del monitoraggio, vi è anche quello di tassazione delle eventuali plusvalenze generate dalla movimentazione degli asset finanziari costituiti con le criptovalute.
 

Qual è il regime di tassazione?

È sempre con la risposta all’interpello n. 788 del 24 novembre 2021 che l’Agenzia delle Entrate è entrata nel merito della tassazione delle eventuali plusvalenze generate dalla movimentazione degli asset finanziari costituiti con le criptovalute, ovvero dall’utilizzo delle stesse per pagamenti o conversione in altre valute elettroniche, piuttosto che in quelle aventi corso legale.

Il riferimento normativo è l’art. 67 del Testo Unico delle Imposte sui redditi che, al comma 1, lettera c-ter, definisce redditi di natura finanziaria le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso, ovvero rimborso, di titoli, certificati di massa, valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti.

Cessione a titolo oneroso è anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente.
Infatti, sempre l’art. 67, questa volta il comma 1-ter, dice che «le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito, a condizione che nel periodo d'imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all'inizio del periodo di riferimento, sia superiore a € 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui.».
 

Plusvalenze tassabili da criptovaluta: come calcolarle

  • Le movimentazioni degli asset finanziari in criptovaluta rilevano sempre fiscalmente generando plusvalenze tassabili.
  • Le cessioni a pronti (quando cioè la moneta virtuale viene usata come strumento di pagamento oppure viene “scaricata” per essere convertita in altra valuta virtuale oppure avente corso legale), generalmente non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa.
Quanto sopra a condizione che la valuta ceduta NON derivi da prelievi da portafogli elettronici (Wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di €. 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d'imposta.
Per la determinazione delle plusvalenze/minusvalenze, si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più recente.
  • La plusvalenza conseguita deve essere dichiarata nel quadro RT del modello Redditi PF, liquidando la relativa imposta sostitutiva pari al 26%.
  • Le plusvalenze sono tassabili solo al momento della vendita, o di conversione in altra valuta virtuale o in altre aventi corso legale, cioè quando sono “realizzate” non rilevando eventuali plusvalenze latenti.
 

I “Wallet” di criptovalute e gli accertamenti fiscali

Il Comando Generale della Guardia di Finanza ha chiarito, nelle proprie linee operative, che la criptovaluta rileva anche nel corso delle indagini patrimoniali o degli accertamenti bancari svolti nel corso di un normale controllo fiscale a contrasto dell’evasione fiscale e del riciclaggio.

Il rischio di evasione fiscale e il riciclaggio sono conseguenti alla circostanza che i passaggi/scambi di criptovalute tra soggetti non sono censiti, investendo un mercato totalmente non ufficiale.

La Guardia di Finanza fa l’esempio di un soggetto che potrebbe cedere merce “in nero” a un terzo, ricevendone il pagamento tramite valuta virtuale, che egli potrà aver cura di convertire in moneta legale solo successivamente.
In sede di eventuale, successiva attività ispettiva, il cedente “in nero” potrà dire che le somme provenivano da vincite realizzate su giocate fatte su piattaforme online.

 


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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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