A tutti coloro che ancora non hanno aderito al CPB, l’Agenzia delle Entrate ha inviato, via PEC, una lettera che può sembrare minacciosa.
Il CPB è stato, alla data del 31 ottobre scorso, un vero fiasc,o con l’adesione unicamente del 12% degli aventi diritto, ovvero circa 500.000 contribuenti su una platea di 2.700.000 di Partite Iva potenzialmente interessate.
Sperando in un recupero dell’ultimo minuto, il Governo ha
È proprio il messaggio contenuto nelle PEC, recapitate pochissimi giorni fa ai soli soggetti potenzialmente interessati al CPB e al Condono, a lasciare interdetti.
Esso parte da una contestazione standardizzata, ovvero sempre uguale per tutti i destinatari, che il reddito professionale o di impresa dichiarato, per il periodo di imposta 2023, risulta inferiore al salario medio di un dipendente occupato nel medesimo settore di attività.
Non sono previsti canali comunicativi che consentano al contribuente di dare giustificazione, artatamente facendo intendere che solo l’Adesione al CPB e al Condono ne consentirebbe il superamento.
Ne parlo nella video intervista, perché, come si dice, forse si è arrivati al “colmo”.
Si fa un gran parlare della trasparenza e buona fede nel rapporto tra Fisco e contribuente, di come il Fisco non debba essere “contro” ma “con” il contribuente, delle esigenze di equità del prelievo fiscale e di come esso non sia un “pizzo di stato”, bensì il giusto contributo che ciascuno di noi, nei limiti delle rispettive possibilità, riconosce allo Stato perché esso possa assicurare il bene sociale.
Si constata, invece, come si sia andati nella direzione opposta con i 12 condoni del 2022; si legge di come l’evasione fiscale pesi (i dati sono del 2021 perché l’inefficienza nella lotta all’evasione si traduce anche nella lentezza della raccolta e diffusione delle notizie che la riguardano) 82,4 miliardi di Euro e l’economia sommersa ammonti, nel 2022, a circa 200 Miliardi di Euro.
Alla fine si “atterra” sul Concordato Preventivo Biennale (2024 e 2025), la sua approssimazione, le incertezze applicative (rimaste tali malgrado l’allungamento dei termini di adesione), la sua incontestabile iniquità, per di più cresciuta esponenzialmente via via che il Governo e l’Amministrazione Finanziaria hanno modificato il provvedimento originale integrandolo con norme che hanno rappresentato altrettante “regalie” per quei contribuenti che hanno visto allargarsi i vantaggi di un’adesione che, in assenza di queste ultime, avrebbero negato.
Senza contare l’appendice del Condono, potente booster alla convenienza dell’adesione al CPB, e la progressiva diffusione di una sorta di alone - un’aura per certi versi inquietante per tutti coloro che non intendevano e non intendono aderire a questi strumenti - di sottile minaccia a diventare passibili di accertamenti viceversa esclusi per i concordatari.
In questo filone si inserisce perfettamente la PEC dell’Agenzia delle Entrate che comunica a tutti i contribuenti potenzialmente interessati al CPB e al Condono, la stessa anomalia prima indicata, ovvero che il reddito di impresa o professione dichiarato nel Modello Unico riferito al periodo di imposta 2023 risulterebbe inferiore a quello medio di un lavoratore dipendente occupato nel medesimo settore di attività.
Da notare che sono moltissimi i motivi che ben potrebbero giustificare una tale situazione senza essere necessariamente riconducibili all’ intento evasivo.
La retribuzione media di un dipendente occupato nel medesimo settore di attività del destinatario della PEC è un valore singolarmente estrapolato tra i tantissimi che vengono calcolati dall’algoritmo che elabora la proposta concordataria e che li utilizza con tale unica finalità.
La sua attendibilità è quindi incerta in quanto si tratta di un dato privo di una validità autonoma, unicamente funzionale ad un’elaborazione che ha la propria finalità nel calcolo sintetico di un reddito prospettico.
Malgrado ciò il dato in argomento è assunto a elemento centrale di una contestazione che avviene irritualmente (l’Agenzia delle Entrate deve seguire procedure diverse per avanzare eccezioni anticipatrici di azioni accertatrici) finalizzata com’è a indurre all’adesione al CPB e al Condono, facendo credere che l’anomalia, riferita al 2023, sarà in questo modo sanata.
Non è assolutamente così in quanto il CPB attiene agli esercizi 2024 e 2025, mentre il Condono abbraccia quelli dal 2018 al 2022.
Pertanto l’esercizio 2023 è escluso da entrambi i provvedimenti e rimane accertabile indipendentemente dall’adesione agli stessi.
Se si volesse evitare da subito un possibile futuro accertamento incardinato sulla anomalia eccepita, si dovrà procedere alla presentazione di una nuova dichiarazione dei redditi per l’esercizio 2023, integrando il reddito professionale o di impresa di quanto eventualmente omesso, ma questo ben potrebbe non bastare a generare un reddito superiore al salario medio in questione, con ciò lasciando intatta la contestazione di partenza, pagando le relative imposte e le sanzioni connesse alla presentazione di una dichiarazione, quella originaria, infedele.
Diversamente si potrà attendere di essere realmente destinatari di una attività di accertamento, di per sé eventuale, avviando solo in quel momento, se del caso, un contenzioso con il Fisco.
La PEC ha generato un polverone politico in particolare tra le forze di maggioranza.
Nel mirino è finito nuovamente il Vice Ministro del MEF Maurizio Leo che è il padre del CPB come anche di tutti gli interventi dell’Agenzia delle Entrate sul tema e, per ultimo, della PEC che è diventata “famigerata” perché contestata nel contenuto e in quanto inaccettabile strumento di comunicazione tra Fisco e Contribuente.
In particolare è stato detto che se il CPB non funziona (il riferimento è alle scarse adesioni) lo si deve abbandonare e non intimidire i contribuenti per farli aderire.
L’Agenzia delle Entrate è corsa ai ripari dicendo che la PEC non avrebbe nulla di intimidatorio e non sarebbe significativa dell’avvio di alcuna attività accertatrice.
Lo ha fatto con le solite FAQ, risposte che dispensa “random” al di fuori di ogni ufficialità che, per quanto la riguarda, dovrebbe passare per le “Circolari” delle quali è solita abusare, ma non in questo caso, a dimostrazione di come il CPB sia stato talmente mal pensato, progettato e messo in atto da indurre la stessa Amministrazione Finanziaria a non prendere posizioni troppo nette.
Neppure avrebbe lo scopo di indurre, forzatamente, alla adesione al CPB, con ciò essendo smentita dal fatto che la PEC è arrivata solamente ai contribuenti potenzialmente interessati agli strumenti concordatari tralasciando tutti gli altri.
Come se l’anomalia contestata, pur cercata, non fosse stata rilevata in capo a nessuno dei contribuenti impossibilitati all’adesione, stante la mancanza dei requisiti di legge.
Possibile?
Gli “anomali” sono solo i 2.700.000 contribuenti possibili concordatari?
Proprio nessuno, nessuno degli altri?
Secondo l’Amministrazione Finanziaria la comunicazione rappresenterebbe un inequivocabile esempio di civiltà fiscale visto che fa una segnalazione utile al contribuente.
Solo agli interessati al concordato?
E per gli altri… niente civiltà fiscale!!!
Il tema non è solo attinente al contenuto “vagamente” intimidatorio della PEC, che è poi lo stesso che da sempre caratterizza il CPB e la mancata adesione presentata come foriera di “grane” per il contribuente non concordatario, ma anche, soprattutto direi, la tecnicamente errata relazione tra l’adesione al Concordato e al Condono come azione in grado, da sola, di bloccare ogni intento accertatore in capo ad una annualità, il 2023, che è esclusa tanto dal primo che dal secondo.
È questo che inquina la buona fede nel rapporto tra Fisco e contribuente.
Si potrà discutere sullo strumento utilizzato, la PEC, sul suo effettivo contenuto intimidatorio, ma sulla correlazione tra la paventata anomalia, concreta o meno che sia, e la modalità di suo superamento, la scelta concordataria, non si può che sdegnarsi.
Qualche “fine pensatore”, incapace di valutare le affermazioni per quello che sono, ha addirittura trovato giustificazioni alle parole del Fisco, elaborando una teoria che neppure merita di essere riportata.
Scopriremo, magari, che alla fine il CPB sarà stato un successo.
Certamente un incremento di pochi punti della percentuale di adesione verrà conclamata come segno evidente di quanto “azzeccato” fosse il provvedimento e di quanto piaccia agli Italiani.
Nulla di che stupirci da parte di una propaganda che dice che in Italia va tutto bene e che l’incremento di mezzo punto di PIL, se capita, è il segno evidente che l’Italia “tira” e che la riduzione dell’evasione di qualche punto percentuale è il chiaro segno di una svolta epocale merito dell’illuminata ed efficace azione di governo.
È probabile che molti, malgrado ogni evidenza, si faranno intimidire dalle PEC del Fisco o, più probabilmente, avranno approfittato della dilazione concessa per l’adesione per “rifare i conti” e scoprire margini di convenienza e “regalie” precedentemente sottovalutati.
Quanto sopra malgrado un’ulteriore evidenza che, una volta tanto, il Fisco ha lasciato molto chiaramente intendere.
L’Amministrazione Finanziaria è stata chiara nel dire come la carenza di uomini e mezzi da destinare all’attività di accertamento sia strutturale e come solo il CPB e i condoni fossero gli strumenti per limitare la platea dei soggetti accertabili rendendola, un po' alla volta, “a misura” delle scarse capacità verificatrici.
È di tutta evidenza che se questo fosse lo scopo, esso sarebbe irrealizzabile se solo una esigua porzione, in luogo di una grande platea, di contribuenti si sottraesse all’attività accertatrice del Fisco aderendo al Concordato e al Condono.
Non sono 500.000 soggetti in meno da accertare a cambiare lo scenario di milioni di contribuenti, in gran parte noti e in altrettanta parte sconosciuti al Fisco, di fatto inaccertabili perché in numero tale da perpetuare l’inadeguatezza della macchina dell’accertamento.
Ne discende il paradosso per il quale la miglior difesa contro l’accertamento i contribuenti la otterrebbero non aderendo per nulla al CPB e al Condono, lasciando in questo modo inalterata, nella sua grandezza, la platea degli accertabili.
Si riproporrebbe allora, all’infinito, la situazione attuale di assoluta inadeguatezza del Fisco nella lotta all’evasione.
Sessant’ anni, se non di più, di evasione in continua crescita sono la dimostrazione di come il paradosso assomigli sempre di più a un postulato.
Compila il Form di contatto nel nostro sito o scrivi a segreteria@studioassociatomsc.com per richiedere aggiornamenti e maggiori informazioni sulle attività dello Studio e per restare aggiornato sulle norme di maggior interesse e impatto per le attività produttive e le PMI in questa delicata fase economica.
Seguici anche sui Social media
Studio Associato MSC LinkedIn
dottor Attilio Sartori LinkedIn
Canale Youtube Studio Associato MSC - dottor Sartori
-------------------------------------------
© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
Tutti i diritti riservati.