Concordato Preventivo Biennale: quante insidie! - 2° Parte


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“CONCORDATO PREVENTIVO BIENNALE: QUANTE INSIDIE!”
 

Concordato Preventivo Biennale - seconda Parte

Siamo alla seconda parte del mio contributo alla descrizione di una normativa caotica per l’applicazione di un Istituto “a regime”.
Allo scopo di indirizzare verso una scelta ragionevole, ve ne sarà una terza e ultima nella quale farò una sintesi con il mio personale contributo alla descrizione dello “stato dell’arte” del provvedimento che ha introdotto il Concordato Preventivo Biennale che, avvicinandosi il momento della scelta se aderirvi o meno, sta diventando di sempre maggior interesse 
Recentemente sono state varate dal Consiglio dei Ministri delle modifiche alla formulazione originale del provvedimento, delle quali parlerò in seguito.
Tra le altre quella dello spostamento della data ultima per procedere all’accettazione o meno della proposta concordataria. All’iniziale data del 30 Settembre, si è sostituita quella del 15 Ottobre.

Ora la data ultima è stata ulteriormente spostata al 31 Ottobre ma è immaginabile che arriveranno ulteriori spostamenti.
I primi segnali del grado di apprezzamento del nuovo provvedimento non sono infatti incoraggianti, da qui la reiterazione nello slittamento in avanti del termine ultimo nel tentativo di allargare la platea di coloro che vi aderiranno.
 

Ora come ora il provvedimento spaventa

Per la sua complessità, indeterminatezza, potenziale pericolosità ma, prima di tutto, è la necessità di dover prevedere il reddito atteso nel biennio 2024-2025, per confermare o meno quello statisticamente determinato e proposto dal Fisco, a spaventare di più.
Il provvedimento è dedicato alle piccole imprese e ai professionisti che non dispongono di sistemi di analisi di mercato, business plan sofisticati, sistemi di misurazione continua degli scostamenti tra i dati preventivati e quelli a consuntivo, previsione dei flussi di cassa e finanziari.
Disporre di quanto sopra è incompatibile con la loro dimensione.
Dotarsi di sistemi complessi sarebbe per loro troppo pesante sul piano amministrativo e comporterebbe un costo non sostenibile.

Per questo le piccole imprese operano prevalentemente “a vista”.
Procedere “a vista” è possibile, ma richiede adattamenti continui e rapidissimi come anche accettare l’eventualità di patire i danni di una scelta sbagliata.
 

Le obiezioni degli imprenditori

Ne parlo ai clienti già da un po’: inizio nella descrizione del provvedimento, ma immediatamente vengo interrotto. I clienti mi dicono che è inutile entrare nel merito perché è la premessa a essere inaccettabile.
Mi dicono che da una settimana all’altra le condizioni del loro lavoro cambiano, che le prospettive sono altalenanti, che i segnali non sono incoraggianti, che manca il personale specializzato, che non si capisce come i competitors possano proporsi a prezzi inarrivabili, che la raccolta degli ordini assicura lavoro solo per pochissimi mesi, che il commercio al minuto è stroncato da quello on line e quello all’ingrosso dalla GDO che impone prezzi e condizioni accettabili solo per i grandi gruppi commerciali, che ricorrere al credito terrorizza, non solo per il costo, ma per la sempre più concreta prospettiva di non riuscire a restituire i prestiti ottenuti.

L’analisi periodicamente realizzata da Cribis, che è una società del Gruppo Crif, evidenzia come nel secondo trimestre del 2024, l’Italia abbia registrato 2.292 liquidazioni giudiziali con un aumento del 12,5% spetto allo stesso periodo del 2023.
Le Regioni più coinvolte sono la Lombardia, Il Lazio e il Veneto, e i settori più colpiti sono il Commercio e i Servizi, l’Edilizia, in questo caso soprattutto per effetto dell’avvio del processo di disintossicazione dalla droga “bonus edilizi”, e l’Industria.

In questo contesto nel quale dominano, come abbiamo detto tante volte, segnali negativi e incertezza, come è oggettivamente possibile garantire al “Fornitore Stato” un appannaggio basato sulla elaborazione statistica di dati pregressi, attraverso gli ISA, nella ridicola presunzione che il passato si riproponga tale e quale in futuro?
 

Quali sono i rischi in cui si può incorrere

Nella prima parte del mio lavoro: Concordato Preventivo Biennale: aderire o non aderire? - 1° parte, ho cercato di descrivere le condizioni di accesso, recesso e esclusione dal Concordato Preventivo, evidenziando come l’intero provvedimento sia permeato dagli Indicatori Sintetici di Affidabilità Fiscale (ISA).

Le cause di accesso o esclusione dal Concordato Preventivo sono in gran parte le stesse che disciplinano l’assoggettamento o meno agli ISA.
Vedersi eccepire dal Fisco una causa di esclusione che il Contribuente aveva ignorato, o che non è compresa all’interno di normative farraginose e contraddittorie, potrebbe voler dire vedersi contestata a distanza di anni l’adesione al Concordato, che risulterebbe come mai effettuata con conseguente rideterminazione del reddito e del carico fiscale conseguente.
 

Mai più ISA alla carlona

Inoltre i dati forniti con gli ISA devono essere perfetti perché una loro variazione a posteriori, sia volontaria con una dichiarazione integrativa, che per effetto di una contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, potrebbe determinare la decadenza dal Concordato con effetti potenzialmente gravissimi.

Per chi vuole aderire al Concordato non è possibile predisporre gli ISA “alla carlona”, come si dice, che è pratica invece diffusissima.

Più in generale ogni informazione erroneamente trasmessa al Fisco, anche semplicemente per un errore fatto in buona fede, può far scattare una causa di esclusione con le conseguenze immaginabili.

Poi vi sono le condizioni di esclusione proprie del provvedimento, come l’assenza di debiti tributari nell’esercizio 2023 e le violazioni commesse in periodi temporali diversi.
Infatti il provvedimento non è omogeneo neppure in questo, prevedendo periodi di osservazione differenti a seconda del tipo di causa ostativa all’accesso.
 

Quale sarà la procedura del Fisco?

È a questo punto il momento di domandarsi quale sia la procedura del Fisco per calcolare il reddito che esso andrà a proporre.
Sul piano pratico la proposta concordataria verrà elaborata dal Fisco contestualmente alla Presentazione dei modelli ISA integrati del nuovo “Quadro P” e si configurerà come la semplice indicazione al Contribuente del reddito da dichiarare per i periodi di imposta 2024 e 2025.
La procedura sarà del tutto automatizzate e si avvierà lanciando “il software ISA“.
Una operazione abituale che si fa da anni e che si differenzierà solo per la trasmissione di alcuni dati ulteriori.
Una procedura elementare che dovrà essere perfezionata con l’adesione o meno alla proposta concordataria entro il 31 Ottobre, data ultima per l’invio del Modello Unico.
 

Nuova procedura, nuovo lessico: la “normalizzazione”

Per elaborare la propria proposta il Fisco procederà prendendo a base, per prima cosa, la misura del reddito dichiarato per il 2023.
Esso dovrà però essere, però, “normalizzato” cioè depurato di:

  • plusvalenze e minusvalenze;
  • sopravvenienze attive e passive;
  • redditi o perdite derivanti dal possesso di partecipazioni (considerate aziendali e pertanto non “personali”);
  • dividendi percepiti da società di capitale partecipate.

 

Esempio di ricalcolo del reddito secondo la nuova procedura

Un imprenditore detiene una partecipazione, considerata aziendale, in una Snc e il proprio reddito dichiarato col Modello Unico è al lordo dei componenti positivi e negativi di cui sopra, in quanto manifestatisi nel corso dell’esercizio.
Egli, dovrà ricalcolare il reddito (come dichiarato nel quadro RF/RG del Mod. Unico) da comunicare al Fisco “nettizzandolo”:

  • del reddito/perdita proveniente dalla Snc;
  • delle plus/minusvalenze realizzate;
  • delle sopravvenienze attive/passive realizzate;
  • dei dividendi eventualmente percepiti.

 

Gli effetti della normalizzazione in due casi

Plusvalenze, minusvalenze, sopravvenienze attive e passive, redditi da partecipazioni: la parola d’ordine è ‘normalizzare’.
Questa operazione di preventiva normalizzazione è importante in quanto avrà un riflesso diretto nella misura del reddito che sarà oggetto di proposta biennale.


Porto due esempi per comprendere gli effetti della “normalizzazione”.

Caso n. 1
-    Voto ISA: 9,65;
-    Reddito 2023 (Quadri RF/RG Mod. Unico):
Euro 54.874,00 (al lordo di una sopravvenienza passiva pari a euro15.000)
-    Reddito “normalizzato” da comunicare al Fisco ai fini del Concordato
Euro 69.874,00 (54.874 + 15.000), 
-    Reddito proposto 2024: 84.762;
-    Reddito proposto 2025: 100.220;

Ovviamente se il reddito comunicato deve essere quello normalizzato, e per effetto di ciò più alto di quello dichiarato nel Mod. Unico, anche quello concordatario sarà più alto proprio perché agganciato a un valore di partenza più alto da momento che sconta la neutralizzazione di un componente negativo.

Nel biennio 2024-2025 il Contribuente potrà però portare ad abbattimento del reddito concordato i componenti negativi della stessa natura, legittimamente posizionandosi quindi su un reddito imponibile inferiore a quello concordato.
Ciò per ovvi motivi di omogeneità, ma a patto che tali componenti negativi trovino manifestazione.

E se ciò non avvenisse, ovvero non ci fossero nel biennio componenti negativi straordinari da portare ad abbattimento del reddito (alto) concordato?
Si rimarrebbe agganciati a una proposta concordataria penalizzante.


Caso n. 2
-    Voto ISA: 9,65
-    Reddito 2023 (Quadri RF/RG Mod. Unico):
Euro 54.874,00 (al lordo di una plusvalenza pari a euro15.000)
-    Reddito “normalizzato” da comunicare al Fisco ai fini del Concordato:
Euro 39.874,00 (54.874 - 15.000), 
-    Reddito proposto 2024: 50.732
-    Reddito proposto 2025: 60.644

Rispetto al caso precedente, qui la situazione è opposta.
Il reddito derivante dal Modello Unico è infatti al lordo di un componente positivo straordinario (la plusvalenza per 15.00,00 Euro) che va rimosso per ottenere quello normalizzato.
Esso è pertanto più basso di quello dichiarato in Unico e per questo la proposta concordataria sarà inferiore.
Nel biennio 2023-2024 il reddito concordato dovrà essere incrementato dei componenti straordinari col risultato che il reddito imponibile diventerà, legittimamente anche in questo caso, superiore a quello concordato.

E se componenti di tale natura non si manifestassero?
Sembrerebbe si potesse godere di un reddito sottodimensionato fin dall’inizio, fino al termine del biennio.

 

Mai meno di 2.000 Euro

La normalizzazione operata avrà allora l’effetto di aumentare il reddito da comunicare al Fisco nel caso in cui esso debba essere “nettizzato” di 15.000,00 di sopravvenienza passiva (caso n. 1), e di ridurlo nell’ipotesi in cui esso vada “nettizzato” di 15.000,00 di plusvalenza (Caso n. 2).
I componenti postivi e negativi vanno assunti nel loro importo netto, ovvero quale risultante della compensazione di quelli positivi con quelli negativi e viceversa.

Nei periodi di imposta 2024 e 2025 si si disporrà pertanto di un reddito concordato che si allineerà a quello imponibile solo a seguito della aggiunta/sottrazione dei valori di tali componenti positivi o negativi di reddito, subordinatamente alla loro eventuale manifestazione e conseguente imputazione per competenza nei rispettivi periodi di imposta concordati.

Essi non necessariamente parteciperanno in misura piena alla rettifica del reddito proposto, ma in alcuni casi in misura solo parziale dovendosi comunque garantire al Fisco un reddito imponibile non inferiore a 2.000,00 Euro.

Ad esempio si può ipotizzare che il reddito concordato per il periodo 2024 sia di 10.000,00 Euro e che nel medesimo periodo il Contribuente registri una sopravvenienza attiva per 12.000,00 Euro e una passiva per 25.000,00.
La somma algebrica delle due sopravvenienze sarebbe di Euro 13.000,00 (12.000 – 25.000).
Non tutti i 13.000 Euro potranno essere portati a abbattimento del reddito concordato di 10.000 Euro.
Dovendosi infatti garantire un reddito minimo di 2.000 Euro la differenza di cui sopra sarà riconosciuta solo nel limite di 8.000 Euro.
La differenza di 5.000,00 Euro sembrerebbe definitivamente persa.
 

Di cosa si nutre l’algoritmo?

Il reddito comunicato mette in moto un algoritmo che si nutre, però, anche di altri dati… e che dati!!
Essi sono:

  1. I punteggi ISA di affidabilità e anomalia conseguiti (il “voto” riconosciuto).
  2. I risultati della gestione economica operativa (in pratica il reddito al netto degli oneri finanziari e delle tasse, detto anche EBIT) degli ultimi tre periodi di imposta (ovvero gli anni dal 2021 al 2023).
  3. Il confronto con i dati di riferimento settoriali (sorta di indici di performance in capo a imprese, oggetto di campionamento, operative in settori di attività omogenei).
  4. La rivalutazione del reddito dichiarato in funzione dei risultati delle proiezioni macro-economiche e di crescita del PIL (per gli anni 2024 e 2025) elaborate dalla Banca d’Italia.
  5. I valori dei minimi settoriali, ovvero, avendo riguardo allo specifico settore di attività del Contribuente, la distribuzione del costo medio per dipendente.

 

I valori minimi settoriali: la vera svolta

Va posta estrema attenzione all’introduzione dei valori dei minimi settoriali come elementi che verranno utilizzati dall’algoritmo.
Nell’allegato al decreto MEF pubblicato il 15 giugno 2024 viene definita come “redditività minima” quella calcolata tenuto conto della spesa media per dipendente.
Il MEF dichiara a questo proposito:
“In tal modo sarà possibile valutare la redditività dell’attività economica esercitata dai contribuenti del settore in relazione alle persone fisiche che invece operano in qualità di dipendente e sulle quali non insiste il rischio che ricade sull’operatore economico che decide di intraprendere l’attività economica stessa (cosiddetto rischio imprenditoriale).”

Guardando a tutti i settori nel loro complesso si rileva come i minimi settoriali più elevati si attestino, tanto per le per le imprese che per i professionisti, attorno ai 26.000,00 Euro, mentre quelli più bassi a circa 17.000,00.

Con riferimento a questo parametro è di tutta evidenza, pertanto, come la misura del reddito, che sarà oggetto di proposta concordataria da parte del Fisco, non potrà mai essere inferiore al salario medio di un dipendente operante nel settore di appartenenza del Contribuente, quest’ultimo maggiorato di un adeguato premio per il rischio di impresa.
 

La misura del reddito biennale proposto

Con questa premessa, l’elaborazione porterà al calcolo di un primo reddito di riferimento che sarà incrementato dal Fisco in sede di quantificazione, in base al punteggio ISA conseguito dal Contribuente per il 2023.
L’incremento sarà minimo per coloro che avranno conseguito un punteggio elevato nel 2023 diventando sempre più rilevante via via che il “voto” ottenuto si avvicinerà al minimo.

Quanto sopra perché il primo obbiettivo del Fisco è quello di portare tutti gli aderenti al Concordato a un livello di affidabilità fiscale accettabile.
In pratica, un Contribuente con un indice di affidabilità basso e indifferente alla eventualità di subire per questo un accertamento (la maggioranza se non la quasi totalità dei contribuenti minori), se intendesse perseguire nel suo comportamento non dovrà aderire alla proposta concordataria.
Facendolo, viceversa, si troverà a subire quell’adeguamento al reddito ISA che egli aveva sempre disdegnato in quanto primo elemento di quantificazione della proposta concordataria.

Non si vede perché un Contribuente virtuoso che, per esserlo, ha per forza un punteggio ISA elevato, voglia aderire al Concordato Preventivo che nulla gli darebbe in più rispetto alla, comunque sempre relativa, tranquillità che deriva dal fatto di essere fiscalmente affidabile.

Analogamente non si capisce perché il Contribuente inaffidabile ISA, possa aver voglia di entrare in un meccanismo, quello concordatario, che lo costringerà, a parte tutto, a vincolarsi per un biennio a un reddito imposto quando potrebbe semplicemente, di anno in anno, adeguare il proprio reddito a quello ISA, ottenendo, in pratica, lo stesso risultato senza dover ipotecare il futuro.
 

Una marcia di avvicinamento in due tappe all’affidabilità fiscale

Coloro che, fiscalmente inaffidabili, vorranno aderire al Concordato, sanno già che il prezzo da pagare sarà certamente alto.
Le prime simulazioni propongono, tra i tanti, un esempio significativo che mette a confronto i dati economici 2023 di due pizzerie:

  1. la prima con ricavi per circa 375.000,00 Euro, costi operativi per circa 300.000,00, reddito operativo di circa 54.000,00 e un punteggio ISA di dieci;
  2. la seconda con ricavi per circa 302.000,00 Euro, costi operativi per circa 295.000,00, reddito operativo di circa 5.500,00 e un punteggio ISA di quattro.


Nella prima ipotesi il reddito concordatario proposto per il biennio 2023-2024 sarebbe sostanzialmente uguale al dichiarato 2023.
Nella seconda la situazione sarebbe completamente diversa in quanto il reddito concordatario proposto sarebbe di circa 25.000,00 Euro per il 2024 (cinque volte il dichiarato 2023) e circa Euro 45.000,00 per il 2025 (nove volte il dichiarato 2023).

Come si vede un salto di reddito, e di imposta, che potrebbe da solo far ritenere che l’adesione al Concordato sia impraticabile, quanto meno perché troppo costosa.
 

Correre ai ripari

I nostri governanti se ne sono resi conto e, nella affannosa ricerca di elementi di appeal per il Concordato, hanno pensato a una sorta di “ammortizzatore”, in grado di minimizzare gli effetti del salto di imposta.
Il Governo, nella riunione del Consiglio dei Ministri del 26 Luglio, avrebbe infatti introdotto un nuovo meccanismo per effetto del quale, sulla maggiorazione di reddito proposto, si applicheranno imposte “piatte” (flat-tax) ad aliquote più favorevoli di quelle progressive Irpef, che potranno andare dal 10 al 15% a seconda del grado di affidabilità fiscale.

In pratica non sarebbe un’estensione della flat tax sull’intero imponibile, ma una sorta di tassazione agevolata sul reddito incrementale previsto dal Concordato a tutti coloro che scegliessero di aderire al Concordato Preventivo Biennale.
 

Flat Tax tra follia e prudenza

La Flat Tax è ora possibile solo aderendo al regime forfettario per i contribuenti con volume di affari inferiore a 85.000 Euro.
È la Comunità Europea a consentire l’applicazione di sistemi di tassazione non progressivi, ma lineari e lo fa solo in casi eccezionalissimi per evitare che i singoli stati membri diventino dei paradisi fiscali in grado di fare da calamita attraendo nel loro territorio imprese richiamate da una tassazione di favore. E ci mancherebbe altro!

Già prevedere che vi sia una Flat Tax, e non una imposizione progressiva, su un delta di reddito generato da una scelta di convenienza, è pazzesco.
Lo è tanto più se si considera che il delta in questione sarà “pesante” per i contribuenti inaffidabili sul piano fiscale, fino a oggi del tutto ignorati sul piano dell’accertamento pur essendo ben visibili gli elementi di anomalia che accompagnano il loro rappresentarsi di fronte al Fisco.
 

E la nostra Costituzione che dice?

Essa acclara come tutti siano tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della rispettiva capacità contributiva.
Di Flat Tax non si parla, come non si parla di capacità contributiva precedentemente concordata.

Gli esempi e i casi rappresentati hanno l’intento di aiutare il contribuente a orientarsi in questa nuova procedura.
 

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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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