Il Concordato Preventivo è un istituto a regime e, come tale, parte integrante del nostro ordinamento fiscale/tributario.
Si procede di biennio in biennio a partire da quello 2024-2025.
Malgrado il tempo trascorso siamo ancora qui a non avere le linee guida necessarie per fare una valutazione precisa della convenienza di aderire o meno a una proposta, quella concordataria, che comporterà l’impegno a pagare le imposte non sul reddito che si sarà in grado di produrre effettivamente, ma su quello statisticamente determinato dal Fisco.
Alla oggettiva difficoltà di essere in grado di prevedere la propria capacità di reddito per il biennio 2024-2025, per poter valutare la accettabilità o meno della proposta fiscale che sarà un “prendere o lasciare”, si aggiunge il quadro di riferimento incerto di un provvedimento mal pensato, farraginoso e irto di conseguenze.
Il mio intento è quello di descrivere lo “stato dell’arte” del provvedimento, proponendo un’analisi tecnico operativa (commentata e non asettica) che consenta una valutazione dei costi e benefici dell’adesione alla proposta concordataria.
La complessità del tema e la sua importanza non mi consentono di semplificare oltre un certo limite, perché diventerebbe una banalizzazione; per questo dividerò il mio contributo in più parti che saranno oggetto di pubblicazione nel blog dello Studio Associato MSC a distanza di pochi giorni, come sempre con il supporto delle video-interviste dedicate.
Non tratterò il tema del Concordato Preventivo applicato ai contribuenti che determinano il reddito forfettariamente.
Prima di tutto perché il nuovo regime, per la parte che li riguarda, è sperimentale e per questo limitato al solo periodo di imposta 2024 e poi perché, ad oggi, non comprendo il motivo concreto che possa avere un contribuente, che determina il proprio reddito forfettariamente in un contesto fiscale di vantaggio, a concordare un reddito biennale.
Non a caso le simulazioni operate dimostrano come il reddito concordatario sia, per il forfettario, sempre superiore a quello effettivo, differenza che si riduce via via che il contribuente si avvicina alla soglia limite di fatturato per poter aderire al regime agevolato, che è di 85.000,00 Euro.
Insomma, a meno di non prevedere ricavi record per il 2024, lo strumento non sembra allettante per i contribuenti forfettari, rivelandosi invece mediamente più interessante per le imprese di maggiori dimensioni, per le quali entrano in gioco anche altri fattori.
In linea generale sono ammessi al Concordato Preventivo Biennale tutti i contribuenti assoggettati agli Indicatori Sintetici di Affidabilità Fiscale (ISA).
Le cause di esclusione dagli ISA impediscono l’accessibilità al Concordato Preventivo.
Risultano esclusi dagli ISA e, quindi, dalla possibilità di aderire al Concordato Preventivo:
coloro che svolgono un’attività per la quale non sono approvati gli ISA;
coloro che non applicano gli ISA in ragione di una qualsiasi “causa di esclusione” tra le quali le principali sono:
inizio dell’attività nel corso del periodo di imposta;
cessazione dell’attività nel corso del periodo d’imposta:
ammontare di ricavi superiore a 5.164.569 di Euro;
periodo di non normale svolgimento dell’attività.
L’espressione “non normale svolgimento dell’attività” si è da sempre distinta per un certo livello di indeterminatezza, motivo per cui le istruzioni ai modelli ISA 2023 propongono una elencazione di situazioni, si noti bene, “a titolo esemplificativo e non esaustivo”, indicative di uno svolgimento non normale dell’attività:
liquidazione ordinaria;
attività non ancora iniziata per mancanza di autorizzazioni amministrative, impianti in costruzione, attività di ricerca propedeutica all’ avvio dell’attività;
ristrutturazione dei locali dove si svolge l’attività;
affitto dell’unica azienda;
sospensione dell’attività con comunicazione alla CCIAA;
modifica dell’attività in corso d’anno che comporti il passaggio a un ISA diverso.
5. con riferimento ai professionisti, se l’interruzione dell’attività per la maggior parte dell’anno è dovuta a provvedimenti disciplinari;
6. i contribuenti “minimi” e, in generale, quelli che determinano il reddito con altri criteri forfettari come ad esempio avviene, in parte, nel settore agricolo;
7. esercizio di due o più attività di impresa, non rientranti nel medesimo ISA;
8. contribuenti che non abbiano presentato tutte le dichiarazioni relative ai periodi di imposta dal 2021 al 2023 se obbligati a farlo;
9. contribuenti che nel 2023 (periodo d’imposta precedente al biennio cui si riferisce la proposta), abbiano debiti verso l’Erario per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate (da notifica di atti impositivi a fronte di attività di controllo o liquidazione, da notifica di cartelle di pagamento di pretese tributarie a fronte di irregolarità emerse dal controllo formale o automatizzato delle dichiarazioni e/o per contributi previdenziali definitivamente accertati con sentenza irrevocabile ovvero atti impositivi non più impugnabili). Tali debiti devono essere di importo complessivamente pari o superiore a 5.000,00 Euro (compresi interessi e sanzioni), al netto di quelli oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione (fino alla eventuale decadenza da tali provvedimenti come nel caso di mancato pagamento di 8 rate per le cartelle, ecc.). Quanto sopra a meno che il contribuente non proceda, entro il termine per l’accettazione della proposta di Concordato (nel 2024, entro il 15 ottobre) ad estinguere quei debiti la sommatoria dei quali sia complessivamente di importo pari o superiore a 5.000 Euro;
10. contribuenti che negli ultimi tre periodi di imposta antecedenti a quelli di applicazione del Concordato abbiano subito una condanna per reati tributari, false comunicazioni sociali, riciclaggio e/o autoriciclaggio.
Il Concordato viene meno per entrambi i periodi di imposta 2024 e 2025 nei seguenti casi:
se, a seguito di accertamento, in uno dei due periodi di imposta oggetto di Concordato, oppure in quello precedente al biennio (pertanto, con riferimento al primo biennio, i periodi 2023, 2024 e 2025), risulti l’esistenza di attività non dichiarate e/o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate in misura superiore al 30% dei ricavi dichiarati. Se, ad esempio, in presenza di ricavi per 1.000, venisse accertata una differenza nel valore dichiarato delle rimanenze finali di magazzino di 500, rappresentando quest’ ultima il 50% dei ricavi dichiarati, determinerebbe la decadenza dal Concordato;
se, a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente determinano una quantificazione diversa del reddito, o del valore della produzione netta per l’IRAP, rispetto a quelli in base ai quali è avvenuta l’accettazione della proposta di concordato. È frequente che il contribuente si accorga di aver commesso un errore o una dimenticanza nella propria dichiarazione dei redditi già trasmessa all’Agenzia delle Entrate. L’emersione dell’errore o della dimenticanza può essere a fronte di una segnalazione “bonaria” da parte dell’Agenzia delle Entrate o per autonoma iniziativa del contribuente che vuole porvi rimedio prima che sia il Fisco a rilevarlo. Per fare ciò, egli presenterà una dichiarazione integrativa dei dati omessi o modificativa di quelli errati nel termine quinquennale concesso. La rettifica può essere a favore o a sfavore del contribuente. In questo secondo caso egli pagherà le imposte dovute e le relative sanzioni. Aderendo al Concordato preventivo la dichiarazione, oggetto di nuova trasmissione, certamente determinerà una modifica, piccola o grande, dei dati in base ai quali l’amministrazione aveva formulato la propria proposta. La conseguenza sarà allora la decadenza dal Concordato con il conseguente suo venir meno per tutto il biennio di riferimento. Presentare dichiarazioni integrative può allora rappresentare, per il contribuente concordatario, un pericoloso boomerang;
in ogni ipotesi di reato previsto dal D. Lgs 74/2000 in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto (dichiarazione Infedele, omessa, fraudolenta, emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, omesso versamento di Iva, omesso versamento di ritenute certificate, indebita compensazione…) riferibile ai periodi di imposta concordati e ai tre precedenti (con riferimento al primo biennio, i periodi dal 2021 al 2025). Il riferimento alle violazioni di cui al D. Lgs 74/2000 è particolarmente allarmante in quanto, al netto dei comportamenti dolosi, quelli colposi (per un errore, ad esempio, tanto più probabile in un sistema fiscale farraginoso) determinerebbero una causa di decadenza dalle conseguenze potenzialmente pesantissime;
a seguito di inesatta o incompleta comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli ISA che abbia comportato la determinazione di un reddito concordato inferiore del 30% rispetto a quello che sarebbe stato corretto. La trasmissione di dati esattissimi per l’elaborazione degli ISA diventa allora fondamentale. In realtà, malgrado l’importanza che l’Amministrazione Finanziaria sembra da sempre voler dare agli Indicatori Sintetici di Affidabilità, prima Studi di Settore, per i contribuenti la compilazione dei questionari ISA è sempre stata una enorme seccatura. Informazioni astruse, pignoleria eccessiva, disaggregazioni dei dati impossibili, normativa incerta e complessa, scarsità o assenza di controlli, sono stati i fattori scatenanti di un approccio da sempre superficiale, ora agli ISA come prima agli Studi di Settore. I contribuenti hanno, in generale, fatto del loro meglio per trasmettere informazioni attendibili, sulla esattezza delle quali credo però che nessuno possa oggettivamente mettere la “mano sul fuoco”. Senza contare le volte in cui il contribuente, candidamente, dichiara che i dati per gli ISA li “scrive” il Commercialista e lui non ne sa niente. Certamente la parte “contabile” dei dati da comunicare, emergendo dalla contabilità, può essere elaborata da chi sia stato incaricato della sua tenuta, ma tutti gli altri, in quanto afferenti alla attività come concretamente si svolge, non possono che essere prodotti dal contribuente. L’adesione al Concordato costringe ora a temere di aver fornito, anche in perfetta buonafede, dati inesatti che ben potrebbero far divergere il reddito concordato da quello che sarebbe stato se i dati fossero stati esatti. Le conseguenze potrebbero essere devastanti. Dopo anni e anni, l’amministrazione finanziaria potrà eccepire l’inesattezza dei dati trasmessi e decretare, ricorrendone le condizioni, la decadenza dal Concordato per il biennio di riferimento: una mezza tragedia!
omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, Irap, Iva, Sostituto di imposta;
omessa installazione degli apparecchi per l’emissione dello scontrino fiscale o loro manomissione;
mancata o non tempestiva, ovvero operata con dati incompleti o non veritieri, memorizzazione e/o trasmissione dei corrispettivi ricevuti se l’irregolarità è reiterata per tre o più volte in giorni diversi;
omesso versamento delle imposte relative ai redditi, e al valore della produzione netta ai fini Irap, a seguito dell’adesione al Concordato.
Come dire: “una volta che ti sei impegnato, guai a non fare regolarmente i versamenti delle imposte conseguenti”.
Nessuna deroga, pertanto, le imposte vanno versate negli esatti importi alle esatte scadenze.
Se si decade dal Concordato Preventivo, il contribuente dovrà versare le imposte e i contributi determinati sulla base del reddito effettivamente conseguito ovvero su quello concordato, se maggiore.
Nel biennio concordatario si entra per libera scelta, ma uscirne è praticamente impossibile.
Per farlo bisogna che si siano verificate particolari circostanze identificate dalla normativa.
Una cosa, infatti, sono le cause di esclusione dal regime concordatario e altra è quella di legittima possibilità di uscita dallo stesso.
Le prime sono conseguenza di un comportamento doloso/colposo del contribuente, le seconde diretta conseguenza di accadimenti eccezionali o della naturale evoluzione dell’attività.
L’art. 4 del D.M. 14 giugno 2024 ha individuato le circostanze che consentono l’uscita volontaria dal regime concordatario.
Esse possono essere divise in due categorie, gli eventi calamitosi e quelli connessi alla naturale dinamica aziendale/societaria:
eventi calamitosi per i quali sia stato dichiarato ufficialmente lo stato di emergenza;
altri eventi calamitosi di natura straordinaria che abbiano comportato:
danni ai locali destinati all’attività d’impresa o di lavoro autonomo, tali da renderli totalmente o parzialmente inagibili e non più idonei all’uso;
danni rilevanti alle scorte di magazzino tali da causare la sospensione del ciclo produttivo;
l’impossibilità di accedere ai locali di esercizio dell’attività;
la sospensione dell’attività, laddove l’unico o principale cliente sia un soggetto il quale, a sua volta, a causa di detti eventi, abbia interrotto l’attività;
eventi connessi alla naturale dinamica aziendale/societaria:
a) liquidazione ordinaria, coatta amministrativa o giudiziale;
b) cessione in affitto dell’unica azienda;
c) sospensione dell’attività ai fini amministrativi, dandone comunicazione alla Camera di Commercio;
d) sospensione dell’esercizio della professione, dandone comunicazione all’ordine professionale di appartenenza o agli enti previdenziali e assistenziali o alle casse di competenza.
Gli eventi calamitosi straordinari o quelli connessi a dinamiche proprie dell’azienda/professione, non bastano tuttavia da sole a consentire l’uscita volontaria dal regime concordatario.
Essa sarà possibile laddove ricorrano congiuntamente, da un lato, una delle circostanze sopra riportate e, dall’altro, la riduzione del reddito in misura eccedente il 50% di quello Concordato.
Se mancherà un danno certo sull’attività d’impresa o di lavoro autonomo, come conseguenza delle circostanze di cui sopra, non sarà possibile uscire dal regime.
Si comprende immediatamente come in moltissimi casi la dimostrazione non solo del danno (per di più rapportato al reddito Concordato e non al semplice fatturato/volume dei compensi che avrebbe il pregio della oggettività essendo stato dichiarato) ma anche di tutte le circostanze riconducibili agli eventi calamitosi citati, possa essere praticamente impossibile.
Sorgeranno certamente contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate in merito alla sussistenza di un nesso causale tra l’evento calamitoso e la riduzione del reddito.
Il contribuente è sotto scacco del Fisco ogni volta che la sua difesa (il Fisco accusa ma non deve fornire alcuna prova a sostegno) passi attraverso la produzione di “prove diaboliche”.
È una situazione che si ripropone quotidianamente.
A differenza di quanto previsto in ipotesi di decadenza, in quella di uscita legittima dal Concordato quest’ultimo cessa di produrre effetti a partire dal periodo di imposta in cui la circostanza favorevole all’uscita si realizza.
La disciplina prevede una stretta relazione tra gli ISA e la possibilità di accedere all’istituto del Concordato Preventivo Biennale.
Come vedremo in seguito gli stessi ISA, e in particolare il punteggio che essi assegnano alla affidabilità fiscale del contribuente, saranno determinanti nella quantificazione della proposta concordataria che il Fisco presenterà al contribuente.
È quindi necessario operare sugli ISA in maniera perfetta, a cominciare dalla inequivocabile e indiscutibile identificazione delle cause di esclusione dalla loro applicazione.
Spesso non è facile identificare le cause di esclusione dagli ISA in maniera certa e ineccepibile per il Fisco, perché la normativa degli ISA è farraginosa e al di fuori di determinate situazioni, che è facile identificare con sufficiente certezza, ve ne sono altre che ben potrebbero essere esposte a un giudizio di merito.
Pensiamo al periodo di “non normale svolgimento dell’attività” difficile da identificare con certezza, potendosi avvalere unicamente di una elencazione di massima, “indicativa ma non esaustiva”, come recitano le istruzioni agli ISA.
Altra questione attiene all’assenza, nel 2023, di debiti verso l’Erario per tributi e contributi complessivamente pari o superiori a 5.000,00 Euro.
Non è una situazione facile da identificare stante anche la genericità della formulazione.
Nel nostro ordinamento il numero di imposte da pagare è elevatissimo, come numerosissimi sono i pagamenti che rientrano nella generica voce “contrIbuti”.
Ora come ora, manca una elencazione tassativa che appare indispensabile per sapersi orientare.
Senza contare il “mistero” del solo riferimento al 2023, non essendo chiaro se sia da considerare solo il debito che abbia origine in atti impostivi che abbiano avuto origine in tale anno ovvero anche quelli che, sorti precedentemente, siano giunti a scadenza nel 2023.
Le cause di esclusione rappresentano un altro aspetto preoccupante della normativa.
In questo caso la disciplina fa perno sulle diversità, che il Fisco può rilevare in sede di accertamento, tra i dati comunicatigli, sulla quale esso ha formulato la propria proposta concordataria, e quelli effettivi.
I contribuenti sono sottoposti a una normativa, quella fiscale, caotica, imprecisa, rimessa alla valutazione in particolare del Fisco che può addirittura modificare “ora per allora” le proprie chiavi interpretative di norme e procedure acclarate con proprie circolari, finendo per contestare comportamenti che erano stati assunti proprio in forza delle indicazioni fiscali poi ritrattate.
In questo contesto si inserisce la novità, per chi ha aderito al Concordato, di vedersi sottoposto a una condizione di decadenza se solo avesse trasmesso dati o informazioni che era convinto di aver dato in maniera corretta.
Un contenzioso che si aggiunge a quello cui il contribuente, che pur abbia operato in buona fede e con diligenza, è quotidianamente esposto come conseguenza di un sistema fiscale che non ha eguali nel mondo.
Il Fisco parla, in questi casi, di “non lievi difformità” senza definirle, ma limitandosi a fissare un paletto quantitativo da non superare per individuarle.
Lo fa affidandosi alle solite percentuali applicate a valori, ricavi e, soprattutto, reddito, che ben possono essere oggetto a loro volta di rettifica fiscale.
In generale si può dire che il Concordato Preventivo Biennale si fonda sulla esattezza dei dati ISA trasmessi, su elencazioni di condizioni di accesso ed esclusione con in più, in certi casi, grandezze percentuali che misurano variazioni in grado di incidere sulla permanenza o meno nel regime concordatario.
Quando si ha a che fare, come nel caso del Concordato, con elencazioni di condizioni o parametri di qualunque tipo che discriminino tra chi può o non può fare qualche cosa, si è sempre in presenza di una situazione di rischio potenziale.
Vale in generale, ma in ambito fiscale è particolarmente vero.
Per il Fisco “le condizioni e i parametri” sono un una specie di “invito a nozze” a fare di tutto per dimostrare che il contribuente non li ha rispettati e che, pertanto, determinate agevolazioni non gli spettano.
Vale anche il contrario perché i contribuenti fanno di tutto per rivendicare condizioni agevolative inesistenti.
Il contenzioso è quindi la regola ma qui la posta in palio è grossa.
In questo contesto aderire al Concordato vuol dire, per il contribuente affidabile fiscalmente, esporsi a una condizione di incertezza nei rapporti col Fisco in cambio di, come si vedrà in seguito, praticamente nessun vantaggio sul piano amministrativo e del carico fiscale.
È meglio stare lontani dalle situazioni di incertezza come anche dalla adesione alla proposta concordataria se ciò volesse dire, come ad oggi appare, entrare in un meccanismo che potrebbe presentare esiti perversi.
L’analisi dettagliata ha l’intento di informare il contribuente che si trova di fronte alla difficile scelta.
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© Questo articolo, a firma di Attilio Sartori, è apparso per la prima volta sul Blog LA MOSSA GIUSTA.
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