A volte lo si dà per scontato, ma è giusto domandarsi se la propria attività sia effettivamente un’attività di impresa.
E poi, micro, piccola o media?
La dimensione conta davvero?
Cosa significa “impresa”?
Il tema va esaminato, per prima cosa, dal punto di vista del Codice Civile facendo riferimento, in particolare, agli artt. articoli 2082 e 2055.
Leggendoli si scopre come il legislatore, con l’articolo 2082, dia una chiara definizione di “imprenditore” ma non di “impresa” e con l’articolo 2055 ne dia una, questa volta precisa, di “azienda”.
L’art. 2082 del Codice Civile, come detto, definisce imprenditore «colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi».
Risulta evidente come la definizione sia rivolta ad identificare chi “fa Impresa” e non quest’ultima in quanto tale.
La definizione di impresa va quindi desunta da quella di imprenditore chiamando “impresa” «un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi».
L’impresa è quindi l’insieme delle attività svolte professionalmente dall’imprenditore.
Impresa e Azienda: qual è la differenza?
L’art.2055 del Codice Civile definisce invece l’”Azienda” come «il complesso dei beni (lo stabilimento, l’ufficio, i mobili, le macchine, le attrezzature, il personale…) e non) organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa».
Nel Codice Civile, pertanto, l’impresa è una attività che, per essere svolta, necessita di un insieme di beni ovvero dell’“azienda”.
L’azienda è parte integrante dell’impresa.
Tra le due definizioni vi è un rapporto di tipo strumentale.
L’azienda è il mezzo con il quale l’imprenditore persegue i proprio scopo che è il profitto.
La sintesi di Gino Zappa
«L'azienda è un istituto economico destinato a perdurare che, per il soddisfacimento di bisogni umani, ordina e svolge in continua coordinazione, la produzione o il procacciamento e il consumo della ricchezza.».
Gino Zappa è considerato, a ragione, uno dei padri della moderna economia aziendale.
A lui si deve la definizione di azienda che, meglio di ogni altra, consente di inquadrare la sua funzione di strumento per il soddisfacimento dei bisogni umani, che realizza alimentando il ciclo di produzione e consumo della ricchezza.
È un istituto destinato a perdurare nel tempo, (non quindi un’impresa temporanea), che svolge una precisa funzione sociale, quella di consentire, appunto, la produzione e la distribuzione della ricchezza.
Fuori dall’Italia: Company
Nel mondo anglosassone è diffusissimo il termine “Company”.
Il Cambridge Dictionary definisce la Company «An organization that sells goods or services in order to make money», letteralmente: «Una organizzazione che vende beni e servizi con lo scopo di fare soldi.».
Il sottile distinguo tra soldi e ricchezza
Il pregio della definizione è che non si nasconde dietro a tanti giri di parole.
Il suo difetto è che punta tutto sul fine puramente economico finanziario (fare soldi).
La definizione che di “azienda” si dà in Italia è più sofisticata e precisa, parlando di ricchezza da destinare alla soddisfazione dei bisogni umani.
Ma si sa, nel mondo anglosassone non c’è molto spazio per i distinguo: ecco così che una “Company” è prima di tutto una organizzazione (di beni materiali, immateriali e umani) che vende (l’aspetto della produzione non è puntualizzato ma è implicito che se vendo vuol dire che ho certamente prodotto o, almeno, comperato qualcosa) con lo scopo di fare soldi.
L’imprenditore al timone
Anche in questo caso la definizione punta sul primato dell’organizzazione e sulla finalità che il suo operare deve perseguire.
È l’imprenditore a intervenire perché l’organizzazione operi coerentemente.
Egli si pone al volante, e basta che guidi bene perché l’auto, “l’organizzazione”, sia in grado di funzionare benissimo, anche indipendentemente da lui.
Se esce di strada, la colpa è del pilota e non della macchina che, per quanto la riguarda, potrebbe andare in capo al mondo.
Come funziona in Europa?
Secondo la normativa comunitaria è impresa «ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica.
Sono considerate tali anche le entità che esercitano un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un’attività economica.».
Si può notare come anche in Europa l’accento si ponga sulla parola ”entità” (termine che riconduce all’“Istituto Economico” di Gino Zappa e alla parola Company) cioè un’organizzazione di beni e persone.
Essa deve esercitare un’attività economica (generare ricchezza finalizzata al soddisfacimento dei bisogni umani, ovvero fare soldi).
Il primato del termine “Azienda” sul termine “Impresa”
È l’azienda, quindi, che si pone al centro del sistema economico.
Rispetto ad essa l’imprenditore è solo un operatore che interviene perché l’azienda stessa sia sempre in condizione di perseguire il suo scopo sociale.
«Sono titolare di un’azienda»: questa è l’espressione da usare.
Non serve dire di essere imprenditori ma rimarcare invece che si dispone di un’azienda e questo basterà a esaurire ogni necessità di ulteriori chiarimenti.
Micro, Piccole e Medie Imprese (PMI)
Va detto che, nel linguaggio di ogni giorno, i termini “azienda” e “impresa” sono usati alternativamente malgrado il loro diverso significato.
Accettando, pertanto, che i due termini siano sinonimi e lasciando, a questo punto, l’aspetto terminologico per entrate in quello quantitativo, la domanda potrebbe essere quali siano gli elementi distintivi di una micro impresa rispetto a una piccola o media.
Le norme in vigore a livello comunitario precisano che:
sono micro imprese: quelle che hanno meno di 10 occupati, hanno un fatturato oppure un totale di bilancio (il totale dell’attivo dello Stato Patrimoniale) annuo non superiore a 2 milioni di euro;
sono piccole imprese: quelle che hanno meno di 50 occupati e un fatturato oppure un totale di bilancio (il totale dell’attivo dello Stato Patrimoniale) annuo non superiore a 10 milioni di euro;
sono medie imprese: quelle che hanno meno di 250 occupati e hanno un fatturato non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio (il totale dell’attivo dello Stato Patrimoniale) non superiore a 43 milioni di euro.
MPMI: cuore pulsante del sistema produttivo italiano
In Italia, le micro imprese sono circa 60 mila e le PMI (piccole e medie imprese) circa 160 mila.
Costituiscono il cuore del nostro sistema produttivo che vede la presenza di poche grandi aziende, molto meno che in altri stati europei.
L’Europa, le Micro Imprese e le PMI
Anche In Europa il comparto delle PMI è molto vasto ed è per questo che la UE ha previsto per loro delle agevolazioni particolari.
Il Next Generation EU, che finanzia i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza con i quali verranno distribuiti - sul territorio dei diversi Stati - i Fondi europei, è pensato soprattutto per le PMI di fatto, sacrificando le Micro Imprese.
PNRR e svantaggio per le Micro Imprese
Lo scopo dei finanziamenti Europei è quello di accelerare la crescita del sistema imprenditoriale nel suo complesso, intervenendo in favore delle aziende che abbiano una dimensione che consenta di verificare per esse una sorta di “dignità” amministrativa, gestionale, contabile e una adeguata potenzialità di crescita.
L’Europa sta dando e darà all’Italia risorse adeguate perché questa le impieghi in una serie di processi virtuosi di ammodernamento di settori strategici per lo Stato (dalla giustizia alla finanza, dalla scuola alla sanità, dalla transizione ecologica all’economia circolare, all’utilizzo e produzione dell’energia…) e per la distribuzione in favore delle aziende, a sostegno del loro sviluppo.
PNRR: standard tedeschi per accedere ai fondi
Proprio con riferimento al finanziamento alle aziende, la possibilità per esse di accedere ai fondi del PNRR sarà subordinata a standard di affidabilità fino ad oggi sconosciuti alle imprese Italiane, ma da sempre rispettati nel resto d’Europa - in particolare dalle aziende tedesche - per accedere a finanziamenti statali ed europei.
Le procedure tedesche sono infatti state assunte, a livello internazionale, come le linee guida per la distribuzione dei Fondi europei che dovranno essere rispettate dai singoli stati nei bandi con i quali daranno attuazione ai rispettivi piani di ripresa e resilienza.
L’allineamento a tali standard obbligherà le aziende, per essere destinatarie dei finanziamenti del PNRR, alla trasparenza e revisione dei propri bilanci, alla messa a punto di procedure di controllo della gestione economica e finanziaria, alla pianificazione economica e finanziaria, al rating di legalità.
Non solo, dovranno prevedere attività di controllo della propria operatività interna attraverso la messa a punto di procedure contro ogni forma di malversazione sul piano delle false comunicazioni di bilancio, sul rispetto delle norme fiscali, sulla sicurezza del lavoro, sul rispetto delle norme ambientali e della privacy.
Accesso ai fondi del PNRR solo a chi si adegua
In Italia solo le aziende che potranno rispettare questi standard potranno accedere ai fondi del PNRR.
Quelle che non vorranno o non potranno farlo ne saranno escluse.
Pro e contro del rispetto delle procedure
Sono finiti i tempi della malversazione che molti imprenditori hanno fatto diventare la regola, popolando la platea dei “furbetti” (con un termine che li fa apparire, alla fine, come dei simpatici “mascalzoncelli”) che altro non sono che veri delinquenti.
Se da un lato il rispetto delle procedure che verranno introdotte andrà a vantaggio delle imprese serie e a discapito di quelle inaffidabili, dall’altro è evidente l’impatto, soprattutto amministrativo (i costi relativi potranno essere coperti dai finanziamenti), incompatibile, in molti casi, con la dimensione di una “micro impresa”.
In un’azienda nella quale il titolare o i soci siano impegnati in prima persona “in fabbrica”, la produzione sia affidata a un organico ridottissimo, come anche la gestione amministrativa, ove non vi sia un’esigenza e un’abitudine alla programmazione, alla misurazione dello scostamento tra il dato atteso e quello realizzato, al controllo di gestione - per quanto ridotto ai minimi termini -, è difficile che si possano realizzare tutte le condizioni per accedere ai finanziamenti del PNRR.
Micro Imprese fuori dai giochi
Essere piccolo non è sempre un limite ma, in molti casi, un vantaggio in termini di minimizzazione del rischio di impresa, adattabilità al mercato, velocità di reazione a mutati scenari di mercato.
Malgrado questo, la dimensione della Micro Impresa è di ostacolo alla sua finanziabilità
È da dire, inoltre, che proprio la dimensione ridotta è di ostacolo a sviluppare quei progetti di crescita, la realizzazione dei quali è condizione necessaria per ottenere i finanziamenti.
Il loro peso non può che essere modesto, perché è normalmente ridotta la dimensione dell’azienda che li propone.
È un “cane che si morde la coda”. «Sono piccolo e questo mi ostacola sul piano amministrativo, aziendale e sulla possibilità di sviluppare progetti di crescita finanziabili.
Se non riesco a ottenere finanziamenti, non riesco a crescere e la mia possibilità di resistere nel mercato si riduce.».
Il partenariato è la soluzione?
In una realtà in cui bisogna per forza crescere, viene in aiuto il partenariato.
Per crescere si può - e si deve - puntare sull’aggregazione, ovvero sul “mettersi insieme” in funzione della realizzazione di un progetto comune di sviluppo.
Il partenariato in Europa
In Europa è diffusa la formula del “Partenariato” che altro non è che un’aggregazione tra aziende in funzione della partecipazione a un bando, allo sviluppo di un affare.
Non sono strutture giuridiche elaborate e vincolanti nel tempo.
In Europa è tutto più semplice di quanto non sia in Italia e il partenariato è una sorta di “Gentlemen’s Agreement”, un patto informale tra le parti, basato soprattutto sul presupposto che entrambe rispetteranno la parola data sul proprio onore.
L'incentivo a non venir meno al patto risiede nella reciproca convenienza a rispettarlo (per esempio, guadagno per entrambe le parti, oppure limitazione di un danno o di un rischio che, senza l'accordo, potrebbe essere peggiore per entrambi).
Desideri fare LA MOSSA GIUSTA nella tua attività?
Compila il Form di contatto nel nostro sito o scrivi a segreteria@studioassociatomsc.com per richiedere aggiornamenti e maggiori informazioni sulle attività dello Studio e per restare aggiornato sulle norme di maggior interesse e impatto per le attività produttive e le PMI in questa delicata fase sanitaria ed economica.