Il “Controllo della Gestione della propria azienda”
Se ne può fare a meno?
Assolutamente NO
La mancanza del “Controllo della Gestione della propria Azienda” priva l’imprenditore del primo e più importante strumento per indirizzare la propria azione.
Si è detto che il “Controllo della Gestione della propria Azienda” è un percorso, impegnativo ma non impervio, che si articola in più passi.
Ripercorriamo i passi compiuti
Nel precedente articolo tratto i passi da compiere, che riepilogo di seguito:
si è messo a fuoco lo “stato di salute” economico e finanziario dell’azienda
si è valutata la solidità e la possibilità per l’impresa di continuare nel tempo confermando per essa l’esistenza del presupposto della “continuità aziendale”
si è definito il modello di “Controllo della Gestione della propria Azienda”, adattandolo come un guanto alle caratteristiche dell’ impresa ovvero alla sua dimensione, alla tipologia dell’attività svolta, alla disponibilità e grado di preparazione del comparto amministrativo, al grado di comprensione della proprietà
si sono messi in evidenza, per poterli mantenere sotto controllo, gli indicatori di criticità della gestione aziendale, partendo dalla base dati ricavata dall’esperienza passata
la stessa base dati è servita per sviluppare budget economici e finanziari ovvero modelli previsionali in grado prevedere, non solo l’andamento della gestione ordinaria ma anche gli impatti che, sulla stessa, potessero avere i progetti di sviluppo potendoli tarare sulle reali caratteristiche dell’impresa
si è avviato un sistema di monitoraggio (controllo) dello scostamento tra i risultati attesi e quelli via via conseguiti, così da poter mettere in atto le necessarie correzioni e adattamenti
si è declinato il “Controllo della Gestione della propria Azienda”, nella “Contabilità Analitica”, segmentando verticalmente la complessiva attività in “Centri di Profitto e Centri di Costo” tipicamente identificati, i primi, nelle singole commesse, i singoli punti vendita, piuttosto che specifici clienti, reparti, linee produttive, macchinari ecc.
ai “Centri Profitto” sono stati contrapposti i “Centri Costo” corrispondenti, definendo in questo modo la marginalità di ogni segmento nel quale è stata frammentata la complessiva attività commerciale. A quale prezzo di vendita sia possibile proporsi alla clientela, qual è per esso il valore minimo per non scendere al di sotto della misura necessaria alla copertura, non solo dei costi di produzione o di acquisto, ma anche di tutte le spese di gestione, identificando in questo modo il punto di pareggio
grazie alla “Contabilità Analitica” si è potuto Identificare la migliore strategia di produzione e vendita
si è giunti, infine, al perfezionamento “sartoriale” del “Controllo della Gestione della propria Azienda”, apprezzando l’enorme aiuto che esso dà all’imprenditore, sia giorno per giorno, nella conduzione quotidiana dell’azienda, sia nella definizione di obiettivi non velleitari, ma commisurati alla realtà prospettica dell’impresa
si è sviluppato un modello di comunicazione con i terzi (clienti, fornitori, finanziatori, personale…) costruito sulla previsione degli eventi a medio periodo e non “oggi per oggi”, aumentando enormemente la reputazione dell’impresa e dell’imprenditore. Il tutto supportato dall’attività di controllo e misurazione degli scostamenti tra i risultati attesi e quelli via via raggiunti, così da poterne comprendere le cause per avviare, consapevolmente, le necessarie azioni correttive.
Due questioni essenziali per le PMI
Tra le molte risposte che si possono ottenere dal “Controllo della Gestione della propria Azienda”, alcune sono essenziali.
Parlando di PMI, sono moltissime le questioni che normalmente affliggono l’imprenditore, ma, sul piano della gestione, ce ne sono due che, forse più di altre, lo preoccupano.
L’avere una visione solamente economica e non finanziaria del futuro della propria impresa
non avere contezza della correttezza del prezzo proposto ai clienti a fronte dei beni o servizi erogati dalla sua impresa.
Un facile esempio
È facile fare un esempio immaginando una gestione estremamente semplificata, nella quale sia possibile ipotizzare che in un esercizio venga fatta un’unica vendita, per 1 milione di €. e vengano sostenuti, complessivamente, costi per €. 500.000.
La differenza tra i ricavi realizzati e i costi sostenuti esprime l’utile realizzato che, nell’esempio, sarebbe di €. 500.000.
Su questo utile sono dovute le imposte.
Se tutti i ricavi fossero realizzati nell’esercizio, ovvero si fosse incassato il milione di €. nella sua interezza
e tutte le spese sostenute, per €. 500.000, fossero interamente pagate
allora il flusso di denaro in entrata sarebbe di 1 milione di €. e quello in uscita per €. 500.000.
Il flusso netto di denaro, differenza tra entrate e uscite, coinciderebbe con l’utile realizzato e, a fine esercizio, nel conto corrente ci sarebbero €. 500.000 in più.
Utile economico e flusso finanziario non sono la stessa cosa
Ma anche in una situazione semplificata come quella descritta, ben potrebbe non essere come rappresentato, se solo si ipotizzasse che i clienti non pagassero nulla del milione di €., con l’iscrizione, a carico del bilancio di fine esercizio, di un credito nei loro confronti.
Se allo stesso tempo, nel medesimo esercizio, tutte le spese venissero pagate, allora non vi sarebbe nessun flusso in entrata, ma solo quello in uscita per €. 500.000.
Il flusso finanziario netto (entrate meno uscite) sarebbe negativo, in quanto le uscite finanziarie sarebbero maggiori delle entrate (pari a 0 nell’esempio) e il saldo sul conto corrente si ridurrebbe di €. 500.000.
Quanto sopra nell’invarianza dell’utile, perché i ricavi continuerebbero a essere pari a 1 milione di €. e i costi pari a €. 500.000.
Nell’esempio fatto, che rappresentazione una situazione ipotetica semplificata al massimo, è già evidente come l’utile non abbia nulla a che fare con il flusso di cassa, che ne risulta completamente sganciato.
Nella realtà di tutti i giorni il disallineamento tra il risultato economico e finanziario è la regola e si pone allora il problema di declinare il secondo dal primo.
Particolarmente, in chiave prospettica, è necessario sapere quali saranno i flussi di denaro che saranno generati dalla gestione, in quanto affermare l’identità del risultato economico con quello finanziario sarebbe un’assurdità.
Un supporto indispensabile: il “Rendiconto finanziario”
Il “Controllo della Gestione della propria Azienda” è in grado di dare contezza di come il risultato economico atteso si declini in flussi finanziari ugualmente attesi.
Con il “Rendiconto finanziario”, supporto indispensabile all’attività di programmazione economico-finanziaria (attività di budgeting), sarà possibile, non solo prevedere il flusso finanziario atteso, ma anche come lo stesso verrà utilizzato per far fronte alle obbligazioni assunte dall’impresa verso i terzi.
Identiche informazioni saranno offerte dal “Rendiconto Finanziario” anche nell’ipotesi in cui l’osservazione riguardi il passato e non il futuro.
Al termine dell’esercizio sarà possibile determinare il flusso finanziario offerto dalla gestione e capire come questo sia stato utilizzato per remunerare i diversi fattori della produzione e gestione aziendale.
Punto di pareggio e Pricing
Come determinare correttamente il prezzo di vendita da proporre al cliente?
Il dubbio riguarda la determinazione del prezzo da proporre al cliente nel preventivo che si andrà a fare, a fronte di una commessa o di una vendita.
Il “Controllo della Gestione della propria Azienda” consente di definire con esattezza il prezzo al di sotto del quale la vendita non può essere proposta. Il limite è rappresentato dalla misura del “Punto di Pareggio”.
Se il prezzo proposto non sarà in grado di coprire i costi della materia prima o della merce impiegata, oltre a quelli di gestione imputabili a quella specifica commessa o vendita, l’azienda opererà sotto costo.
I flussi finanziari, che normalmente dovrebbero essere generati da una marginalità positiva, saranno assenti.
Non solo, operare sottocosto vorrà dire creare una situazione nella quale le uscite saranno superiori alle entrate, generando un situazione di crisi finanziaria per l’impresa che non potrà più contare su flussi adeguati, nel tempo, a fronteggiare puntualmente le obbligazioni assunte con i terzi.
Il “Controllo della Gestione della propria Azienda” consente di disporre dello strumento indispensabile per calcolare correttamente tutti i costi imputabili alla singola commessa/vendita, determinando la marginalità della stessa e la soglia minima del prezzo che può essere proposto al cliente.
Si tratta di un aiuto importantissimo per l’imprenditore, che potrà organizzare le proprie politiche di vendita, dare istruzioni operative precise ai propri venditori, capire quali richieste avanzare ai fornitori, quali economie, su quali settori e operare sulle spese di gestione.
Infine c’è un obbligo di legge
La formulazione attuale dell’Art. 2086 del Codice Civile risale al 2019.
Esso prevede che l’imprenditore ha l’obbligo di dotarsi di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile, adeguato alla natura e dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale.
Il “Controllo della Gestione della propria Azienda”, sartorializzato e reso aderente alla struttura dell’impresa stessa, rappresenta a pieno titolo l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, che la legge, già dal 2019, richiede.
Esso consente di prevedere e prevenire il possibile stato di crisi dell’azienda, mettendo l’imprenditore nella condizione di evitare la perdita del più importante requisiti che la propria impresa deve conservare, quello della continuità aziendale.
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