Vacanze all'estero? Con il Covid meglio pensarci


Brutte notizie per i furbetti delle vacanze all’estero

Una recente sentenza del Tribunale di Trento ha dato ragione a un’azienda per aver licenziato per giusta causa una dipendente che, al ritorno dalle vacanze, non è potuta rientrare al lavoro a causa della quarantena obbligatoria prevista per i rientri dall’estero.
 

I giorni di quarantena e le ferie

Il caso non è unico, anzi, in realtà è stato molto diffuso soprattutto nei mesi delle vacanze estive e natalizie.
Sappiamo tutti che le norme stringenti emanate per la lotta alla pandemia comprendono l’obbligo della quarantena obbligatoria per chi rientra in Italia dall’estero.
Nonostante questo, molti dipendenti non hanno desistito dal recarsi all’estero incuranti del fatto che, al loro rientro, avrebbero dovuto rimanere in quarantena prima di rientrare al lavoro.
Per questa ragione, in molti casi, le aziende che avevano concesso un certo numero di giorni di ferie ai loro dipendenti, alla data stabilita per il loro rientro, ricevevano invece la notizia che, a causa della quarantena, non avrebbero potuto riprendere il lavoro, con le conseguenti immaginabili notevoli difficoltà di organizzazione aziendale.
 

La quarantena obbligatoria è amministrativa e quindi…

La quarantena obbligatoria al rientro dall’estero è un provvedimento di natura amministrativa e non un provvedimento dell’autorità sanitaria.
Solo un provvedimento dell’autorità sanitaria equipara la quarantena o la permanenza domiciliare fiduciaria alla malattia.
 

Chi non si presenta al lavoro è assente ingiustificato

Per questo motivo l’assenza dal lavoro per quarantena da rientro dall’estero si configura come assenza ingiustificata e per questo passibile di sanzione disciplinare fino anche ad arrivare al licenziamento.
 

L’ignoranza della norma non è ammessa

Nel caso trattato nella sentenza del Tribunale di Trento, si è ritenuto che la dipendente, già al momento della partenza dall’Italia, fosse a conoscenza dell’obbligo di isolamento fiduciario al suo rientro.
In questa maniera, la stessa dipendente si è presa la responsabilità di trovarsi in una situazione di impossibilità di riprendere il lavoro alla data prescritta, ossia dopo la fine del periodo di ferie.
Il comportamento è stato considerato poco diligente e incurante dei problemi organizzativi che l’azienda avrebbe subito per il suo mancato rientro al lavoro, confermando per questa via il licenziamento per giusta causa.
 

Le ferie sono un diritto, ma…

La stessa sentenza, termina con la considerazione che l’esigere dai dipendenti un comportamento più rispettoso delle necessità aziendali rinunciando a un viaggio che sicuramente comporterebbe un’assenza maggiore di quella concordata per le ferie, non costituisce un’illegittima limitazione del diritto a fruire delle ferie.
 

Il senso di responsabilità deve prevalere

“Basti pensare che il soddisfacimento delle esigenze di sanità pubblica, sottese alla necessità di contrastare la perdurante situazione di pandemia, ha comportato per ampi strati della popolazione residente in Italia il sacrificio di numerosi diritti della personalità, in particolare di libertà civile, anche tutelati a livello costituzionale.”.

 
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©  Questo articolo, a firma di Nicoletta Michielin, è apparso per la prima volta nella Rubrica IMPRESA E DIPENDENTI.
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