Regolare il rapporto di lavoro con il patto di non concorrenza


Il dipendente se ne va? L'azienda può proteggere i propri segreti

Durante il rapporto di lavoro, l’obbligo di fedeltà, stabilito dalla legge, vincola il dipendente ad astenersi dal “trattare affari per conto proprio o di terzi” in concorrenza col suo datore di lavoro, o dal divulgare notizie riguardanti organizzazione e metodi di produzione dell’impresa o dal farne un uso pregiudizievole per la stessa.
Ma che cosa succede quando il dipendente se ne va e l’obbligo di fedeltà cessa di essere efficace?
Spesso, soprattutto per le figure professionali di un certo valore, l’imprenditore può avvertire l’esigenza di salvaguardare quanto il dipendente in partenza ha imparato o ha contribuito a creare fino a quel momento: in altre parole diventa necessaria la protezione del patrimonio tecnico aziendale.
E’ molto facile, infatti, che il dipendente con una certa professionalità, sia “ambito” da competitors dell’azienda, che della professionalità e/o delle conoscenze comunque acquisite durante il rapporto di lavoro, ne potrebbero slealmente beneficiare.
 

Patto di non concorrenza: un aiuto dalla legge

La legge prevede la possibilità di stipulare un patto di non concorrenza col dipendente.
Naturalmente per essere valido, dovrà avere forma scritta, dovrà specificare le attività professionali che si vogliono limitare, prevedere un corrispettivo e avere un’efficacia limitata nel tempo e nello spazio.
Potrà essere stipulato all’atto dell’assunzione, ma lo si potrà ugualmente sottoscrivere in corso o alla cessazione del rapporto di lavoro.
 

Patto fra lavoratore e azienda: come e in che ambiti agisce

Il patto potrà riguardare qualsiasi attività considerata in concorrenza col datore di lavoro. Il divieto potrebbe riguardare una nuova attività subordinata con mansioni analoghe a quelle esplicate durante il rapporto di lavoro attuale o la possibilità di mettersi in proprio o fornire consulenza.
Attenzione, però, il patto non potrà comprendere l’intera professionalità del dipendente al punto da compromettere la possibilità di un guadagno idoneo alle esigenze della vita.
 

Efficacia nel tempo e nello spazio

La durata massima di efficacia, prevista dalla legge, è di 5 anni per i dirigenti e 3 anni per le altre categorie di lavoratori.
E’ previsto inoltre l’obbligo di limitare geograficamente il patto di non concorrenza.
Naturalmente, maggiore sarà la specializzazione del dipendente, più grande potrà essere l’area geografica dove è tenuto ad osservare il divieto di operare.
E’ nullo il patto che non indichi espressamente l’area di limitazione dell’attività del dipendente.
 

Retribuire la riservatezza del dipendente, come?

La norma, non prevede una specifica misura per il corrispettivo del patto di non concorrenza da pagare al dipendente, ma poiché, questo patto limiterà per un certo periodo la libertà di accesso al lavoro, non potrà essere simbolico, né sproporzionatamente basso rispetto al sacrificio richiesto.
Il compenso, quindi, andrà determinato tenendo conto di tutti gli elementi del patto e dovrà essere tanto maggiore quanto maggiore è la posizione gerarchica e la retribuzione del dipendente, l’estensione territoriale e la durata, le attività che si vogliono limitare.
 

Le regole per ricompensarlo

Nel caso di stipula del patto al momento dell’assunzione o in corso del rapporto di lavoro, il corrispettivo del patto di non concorrenza potrà essere liquidato mensilmente insieme alla retribuzione, interamente o ratealmente alla cessazione del rapporto o in altre forme miste.
Nel primo caso (pagamento mensile o comunque periodico) e cioè in corso del rapporto di lavoro, il corrispettivo contribuirà a determinare la retribuzione imponibile annuale sia per gli obblighi contributivi, sia per quelli fiscali.
In caso di pagamento dopo la cessazione del rapporto di lavoro, il corrispettivo non sarà più sottoposto a contribuzione, ma subirà la trattenuta fiscale per tassazione separata (aliquota TFR).
 

Se il dipendente non rispetta il patto?

Il datore di lavoro potrà ricorrere al Tribunale per ottenere un’ordinanza di cessazione attività.
Inoltre, nel patto di non concorrenza potrà essere prevista una penale specifica che il datore di lavoro potrà pretendere dal dipendente che ha violato lo stesso patto, oltre alla restituzione del corrispettivo già erogato.
 

Per non avere brutte sorprese…

Tutte le clausole del patto di non concorrenza, comunque, dovranno essere attentamente definite al fine di evitare l’impugnazione delle stesse davanti al giudice che, alla fine, potrà valutarne la congruità e, conseguentemente, decidere sulla sua validità.



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© Questo articolo, a firma di Nicoletta Michielin, è apparso per la prima volta nella Rubrica IMPRESA E DIPENDENTI.

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