Lavoratore dipendente: ecco i suoi doveri


Correttezza e buona fede non esauriscono gli obblighi


Per tutta la durata del rapporto di lavoro il dipendente, oltre all’obbligo di osservanza dei generali principi di correttezza e buona fede, è tenuto ad adempiere gli obblighi di diligenza, obbedienza e fedeltà previsti dalla legge.
Il lavoratore, quindi deve svolgere la prestazione lavorativa con diligenza (“dovere di diligenza”), seguendo le direttive del datore di lavoro (“dovere di obbedienza”) senza agire in concorrenza con gli interessi dello stesso (“obbligo di fedeltà”) .
 

Primo obbligo del dipendente: essere diligente

La diligenza richiesta nell’esplicazione del rapporto di lavoro è quella “richiesta dalla natura della prestazione dovuta e dall’interesse dell’azienda”.
Ciò vuol dire che la diligenza del lavoratoresi caratterizza in relazione alla natura delle mansioni in concreto affidategli e la sua intensità crescerà proporzionalmente al salire nella gerarchia del personale.
L’obbligo di diligenza consiste nell’osservanza di tutte le prescrizioni connesse alla prestazione lavorativa e di tutti gli obblighi che, conseguentemente alle mansioni svolte, sono definiti dalle leggi e dagli stessi contratti collettivi.
Il danno causato al datore di lavoro dalla mancata diligenza del lavoratore nell’esecuzione della propria prestazione, determina responsabilità contrattuale per la quale può essere richiesto il risarcimento.
 

Obbedienza verso l'azienda? Non è cieca...

Dall’obbligo di diligenza, deriva l’ulteriore importante obbligo di obbedienza, che consiste nell’osservare le disposizioni, per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro, impartite dal datore di lavoro o dai superiori gerarchici del lavoratore.
Ma, attenzione, l’obbligo di obbedienza non sarà violato qualora il lavoratore possa provare che gli ordini ricevuti siano contrari alla legge o privi di fondamento logico o che non presentino alcun collegamento funzionale con l’organizzazione produttiva dell’impresa.
 

Dipendente perfetto: la fedeltà è d'obbligo

L’obbligo di fedeltà comporta l’osservanza di due divieti:

  • Divieto di concorrenza ossia il divieto di trattare affari per conto proprio o di terzi che siano in concorrenza con l’attività dell’impresa o che possano arrecarle danno, potendo anche implicare lo sfruttamento di conoscenze tecniche e commerciali acquisite durante lo stesso rapporto di lavoro, violando, di conseguenza, la fiducia del datore di lavoro.

Il divieto di concorrenza cessa con la cessazione del rapporto di lavoro.

  • Obbligo di riservatezza ovvero l’obbligo di non divulgare notizie riguardanti organizzazione e metodi di produzione , oppure farne uso in modo pregiudizievole all’azienda presso la quale il dipendente è assunto.

 
Ma l’obbligo di fedeltà ha una valenza ancora più ampia ed interessa tutti quei comportamenti che si possano concretizzare in azioni sleali.
Per questo, quindi, l’obbligo di fedeltà comprende anche l’obbligo di lealtà che il dipendente deve osservare nei confronti del proprio datore di lavoro , evitando  l’utilizzo pregiudizievole delle notizie ed informazioni acquisite durante lo svolgimento della propria attività.
 

Il dipendente sbaglia? Ecco le conseguenze

La violazione degli obblighi di diligenza, obbedienza e fedeltà, da parte del lavoratore, comporta la possibilità, da parte del datore di lavoro di applicare sanzioni disciplinari secondo il principio di proporzionalità ovvero la correlazione tra la violazione contestata e la sanzione applicata.
 

Senza un codice disciplinare, l'azienda non può punire

Tale facoltà è subordinata, però, alla predisposizione ed affissione del codice disciplinare che individuerà le singole infrazioni rilevanti in questo contesto.
Gli inadempimenti soggetti a sanzione, non coincidono necessariamente con violazioni di obblighi inerenti alla tipica prestazione di lavoro, ma trovano le loro radici in quell’insieme di norme essenziali a garantire l’esecuzione del contratto di lavoro secondi i principi di correttezza e buona fede.
 

Il lavoratore è inadempiente? Come colpirlo

Il potere disciplinare del datore di lavoro viene esercitato secondo una procedura stabilita dalla legge, finalizzata ad impedirne l’uso arbitrario e per garantire al dipendente di esercitare il suo diritto di difesa.
La procedura inizia con la contestazione scritta dell’addebito, quando cioè il datore di lavoro, immediatamente dopo essere venuto a conoscenza dei fatti, contesta la violazione degli obblighi del lavoratore elencando chiaramente ed esaustivamente i fatti censurabili.
Nei 5 giorni successivi al ricevimento, da parte del lavoratore, della contestazione scritta, lo stesso avrà diritto di produrre difese scritte o di essere sentito per la difesa.
In quest’ultimo caso il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante sindacale.
Trascorsi i 5 giorni prescritti per la difesa del dipendente, sia che lo stesso abbia chiesto ed ottenuto l’audizione o che abbia presentato difese scritte, o che, al contrario, non si sia difeso in alcuno dei modi previsti, il datore di lavoro potrà procedere con l’irrogazione della sanzione.
Come già detto, dovrà essere garantita la proporzionalità tra la mancanza commessa e contestata e la relativa sanzione.
 

 

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© Questo articolo, a firma di Nicoletta Michielin, è apparso per la prima volta nella Rubrica IMPRESA E DIPENDENTI.

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