Contratti a tempo determinato. Novità dal Decreto Lavoro 2023


Buone notizie per i datori di lavoro

Buone notizie per i datori di lavoro che avranno nella disciplina del contratto a tempo determinato uno strumento più flessibile per le esigenze aziendali.
Il Decreto lavoro, entrato in vigore il 5 maggio, aveva modificato significativamente le norme riguardanti il contratto a termine, ma tali modifiche sono state implementate recentemente dagli emendamenti approvati in commissione Senato.

Precisiamo che la nuova normativa così riscritta, sarà definitiva solamente a seguito della conversione in Legge (ancora non avvenuta) del Decreto e dei suoi emendamenti.
 

Cosa prevede la legge vigente

Secondo la normativa ancora oggi vigente la disciplina del contratto a termine prevede una durata massima di 24 mesi, ma qualora il rapporto durasse più di 12 mesi, è necessaria la presenza di una causale.
L’obbligo di indicare la causale, sussiste in due casi distinti:

  1. nella proroga (l’atto che interviene quando ancora il precedente contratto non è scaduto) quando la prosecuzione del rapporto determina il superamento dei dodici mesi di durata complessiva;
  2. nel rinnovo (il contratto che interviene dopo la scadenza del precedente) per il quale, invece, l’obbligo di indicare la causale sussiste da subito, a prescindere dalla durata complessiva dei rapporti coinvolti. 

N.B. nel caso di contratto a termine con scadenza iniziale oltre i dodici mesi è richiesta, immediatamente, l’indicazione di una causale.
 

Cosa prevede il nuovo decreto legge

Il Decreto legge entrato in vigore dal 5 maggio, ha modificato la previsione delle tipologie delle causali che giustificano il contratto a termine oltre i primi 12 mesi.
La possibilità di assunzione a termine oltre i primi 12 mesi si avrà quindi:
 

a.    nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro RSA/RSU;


b.    in assenza delle previsioni previste alla lettera a) precedente, nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
 

b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.

 

Cosa vuole ottenere il nuovo decreto?

La nuova disposizione vuole dare impulso ai contratti collettivi, soprattutto nazionali, perché prevedano le causali giustificative per il contratto di lavoro a tempo determinato in presenza di ben definite e specifiche esigenze.
Le causali previste dalla precedente normativa, al contrario, erano tali da rendere difficoltoso il riconoscimento dei requisiti per il prolungamento del rapporto di lavoro oltre i 12 mesi.
 

La novità degli emendamenti: maggiore flessibilità in fase iniziale

La prima e più rilevante novità riguarda la disciplina dei rinnovi dei contratti a tempo determinato (sia diretti, sia a scopo di somministrazione), che viene equiparata a quella delle proroghe.
La versione iniziale del decreto lavoro aveva infatti mantenuto la regola che il rinnovo, pur entro i primi 12 mesi, avrebbe comunque richiesto la causale.
L’emendamento, che modifica il recente Decreto, prevede invece, al pari di della regola per la proroga, che anche il rinnovo del contratto a termine possa essere effettuato liberamente nei primi 12 mesi: la causale servirà solo quando la sommatoria della durata dei rapporti (contratto iniziale e rinnovi) determinerà il superamento di 12 mesi complessivi.
Una semplificazione importante per i datori di lavoro, che potranno gestire in modo più flessibile i rapporti di lavoro nella fase iniziale.
 

Quali rapporti faranno scattare l’obbligo della causale?

Una regola transitoria sembra prevedere che per tutti i rapporti a termine (anche a scopo di somministrazione), il calcolo della soglia dei 12 mesi, che farà scattare l’obbligo di giustificare con la causale le proroghe e i rinnovi, si dovranno considerare solo i periodi di lavoro intervenuti dal 5 maggio 2023.
 

Cosa rimarrà in vigore della normativa previgente?

Ricordiamo le norme attualmente in vigore che non sono state modificate dai recenti interventi del Governo:

  • la disciplina della durata massima non eccedente i 24 mesi;

  • la possibilità di accertare la sussistenza di ragioni tecniche, organizzative e produttive che richiedono la necessità di prevedere un contratto della durata superiore a 24 mesi, ed entro il limite dei 36, presso le sedi territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (cd. Contratto in deroga assistita);

  • i limiti numerici dei lavoratori a termine in proporzione all'organico a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione;

  • le esenzioni ai limiti numerici in caso di: avvio di nuove attività per i periodi definiti dai contratti collettivi; attività stagionali; sostituzione di lavoratori assenti; lavoratori over 50;

  • le addizionali che il datore di lavoro è tenuto a pagare in caso di rinnovi del contratto a termine.


     

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©  Questo articolo, a firma di Nicoletta Michielin, è apparso per la prima volta nella   Rubrica IMPRESA E DIPENDENTI.
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